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RAZZA: “Il diritto alla salute è pubblico. Ma per garantirlo, dobbiamo cambiare rotta”

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Ruggero Razza, europarlamentare di Fratelli d’Italia e già assessore regionale alla Salute in Sicilia, in una puntuale critica alla burocrazia europea, le politiche ambientaliste e il centrosinistra, che accusa di incoerenza. Al centro della sua visione: “Il diritto alla salute è pubblico. Ma per garantirlo, dobbiamo cambiare rotta”.

L’industria farmaceutica europea ha lanciato un appello alla Commissione chiedendo una svolta immediata nelle politiche di innovazione e investimento. Cosa ne pensa di questo allarme e come intende rispondere il Parlamento europeo?

“Condivido dalla prima all’ultima parola. Ed è una posizione in linea con le richieste del Governo italiano e con la conclusione della relazione Draghi. Aggiungo che bisogna tutelare non solo la produzione attuale, ma rivedere regole nel pacchetto sulla pharma legislation che rappresentano un oggettivo limite alla competitività. Occorre, poi, integrare la proposta del Critical medicines Act , che per noi rappresenta una normazione sulla sovranità nella cura attraverso il farmaco. Oggi l’Ue attinge l’80% dei principi attivi da Asia e India. Non si può continuare così”.

Le aziende denunciano che l’Europa è meno attrattiva degli Stati Uniti su più fronti: proprietà intellettuale, tempi autorizzativi, incentivi. Ritiene che ci sia effettivamente un problema di competitività sistemica dell’UE?

Oggi produrre in Europa sta diventando impossibile e bloccare questa catena industriale sarebbe un errore imperdonabile. Scontiamo la chiusura di siti industriali, penso anche a quelli siciliani, e non possiamo permetterci di impantanare l’industria farmaceutica nelle ideologie green, come quelle imposte dalla nuova regolamentazione sullo smaltimento delle acque reflue. E bisogna utilizzare la leva del contributo agli investimenti per sostenere la ricerca. Ma più di tutto serve comprendere che l’approvvigionamento del farmaco, soprattutto quello generico, con procedure che si basano solo sul minor prezzo, sta delocalizzando la produzione e privando le strutture di medicinali indispensabili. Attendiamo anche la revisione delle norme sui dispositivi medici che sono impegni precisi della nuova Commissione”.

Come FdI e come gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo, intendete sostenere un rafforzamento delle tutele brevettuali, anche alla luce della revisione della legislazione farmaceutica in corso?

“Stiamo lavorando su questo obiettivo, in linea con la posizione espressa dal Governo italiano in sede di Consiglio europeo. Va, tuttavia, trovato un giusto equilibrio perché lo sviluppo della ricerca attraverso l’intelligenza artificiale rappresenta un indiretto superamento dei tempi di durata del brevetto, perché si immagina una sempre più frequente immissione di nuove molecole e soluzioni innovative. Quindi, a mio avviso, il sostegno al comparto va trovato prima di tutto sui costi di produzione e sulle regole di approvvigionamento”.

I CEO chiedono coerenza normativa, soprattutto tra legislazione ambientale, chimica e industriale. Quanto è realistica una semplificazione normativa in un’Europa a 27? Cosa farebbe lei, in concreto?

“Qualcosa le ho già detto. La prima esigenza è tornare a produrre in Europa perché oggi è per un verso antieconomico, per altro verso sottoposto alla dipendenza estera nell’acquisizione dei principi attivi. Ricostruire una catena mi sembra la priorità, anche per rispondere a una delle emergenze reali affrontate durante la pandemia: produrre e realizzare in Europa. Questo riguarda, me lo lasci dire, non solo il farmaco, ma anche tutto il manifatturiero sanitario. Penso ai dispositivi, alle tecnologie, ai robot chirurgici, alle applicazioni legate all’innovazione digitale”.

C’è chi propone di istituire un fondo europeo per sostenere l’industria farmaceutica basata sulla ricerca, come già avviene per altri settori strategici. È una strada percorribile secondo lei?

“Sì, ma per un mercato che misura la sua dimensione in centinaia di miliardi gli aiuti economici sono una risposta di minore impatto rispetto alla sburocratizzazione dei processi produttivi, alla riduzione dei costi di gestione degli impianti e alla realizzazione di catene di approvvigionamento”.

Uno dei grandi nodi del PNRR – Missione Salute è la carenza di personale sanitario per garantire operatività a Case e Ospedali di Comunità. Cosa pensa della proposta di coinvolgere medici convenzionati e specialisti ambulatoriali? Può essere una soluzione realistica?

“Mi sembra indispensabile, nelle forme che il Governo e il Parlamento decideranno confrontandosi con la categoria. Tuttavia resto scettico, perché – e lo dico da quando il piano fu approvato nella legislatura scorsa – il PNRR sanità punta molto sull’edilizia e poco sulla risorsa umana. Che è la maggiore esigenza”.

Vi è un rischio concreto che molte di queste strutture restino scatole vuote. Come garantire che non si tratti solo di investimenti infrastrutturali, ma che ci sia una reale offerta sanitaria per i cittadini?

“Una sfida complessa, appunto. Ma devono essere realizzati modelli innovativi e non bisogna avere timore di stimolare la realizzazione di aggregazioni tra i medici di famiglia, anche in forma giuridica stabile, per dare impulso a un sistema che porti ciascuno a trovare maggior vantaggio nel fare rete per gestire i servizi interni alle Case di Comunità. In questo senso va completamente ripensata, alla luce del DM 77, la struttura attuale dei Distretti delle Asp”.

Alcune Regioni stanno valutando la possibilità di affidare la gestione o parte dei servizi delle Case e Ospedali di Comunità a soggetti privati. Lei è favorevole o contrario a questa apertura ai privati nella sanità territoriale? Con quali limiti o garanzie?

“Mi sembra una scelta di buon senso, soprattutto per gli Ospedali di Comunità. E mi auguro che venga sostenuta anche in Sicilia, creando una priorità per il sistema pubblico ma non escludendo a priori il concorso delle strutture accreditate. Non so proprio come, alla luce dell’attuale carenza di personale, si possa pensare di popolare di infermieri nuovi piccoli ospedali, quando non si riesce a coprire i posti di quelli già presenti. E poi, come sanno gli operatori, io penso non si debbano frapporre barriere solo ideologiche quando le carenze di personale portano disservizi che pagano i cittadini”.

Qual è la posizione del suo partito sull’equilibrio tra pubblico e privato in sanità, soprattutto nel nuovo modello territoriale disegnato dal PNRR?

“Lo ribadisco con piacere. Per me non esiste la sanità privata. Esiste il diritto alla salute che è un diritto pubblico, un diritto che può essere garantito sia attraverso strutture pubbliche che erogatori di diritto privato. Ovviamente va prioritariamente garantito il lavoro delle strutture pubbliche, ma non si può privare i territori di servizi solo perché qualcuno storce il naso avendo nella testa il ripudio della proprietà e del profitto”.

C’è una strategia per incentivare il personale sanitario, soprattutto infermieristico e della medicina generale, a scegliere di lavorare nelle strutture territoriali, anche in aree interne o meno attrattive?

“Questo è un nodo serio, sul quale mi lasci dire che si è in ritardo. Non è concorrenziale lavorare in territori disagiati e sono molto attrattive le aree metropolitane e i grandi ospedali. Bisognerebbe lanciare un patto con il sindacato per rivedere alcune norme dei contratti di lavoro vigenti. Il diritto dei cittadini a ricevere assistenza sanitaria non può essere parcellizzato per aree territoriali, perché questo determina inevitabilmente un incentivo alla mobilità. Se dal mio paese devo spostarmi centinaia di chilometri in Sicilia, anche per prestazioni di bassa complessità, magari me ne vado in un’altra Regione dove posso pensare di ricevere cure innovative”.

Onorevole Razza, Elly Schlein accusa il Governo Meloni di portare avanti una “privatizzazione silenziosa” della sanità pubblica, senza avere il coraggio di ammetterlo. Come risponde a questa denuncia così diretta?

“Fatto cento il Fondo sanitario nazionale, che dal Governo Meloni è stato incrementato enormemente, quanto in percentuale va al sistema di diritto privato e quanto al pubblico? È comunque un tema talmente serio da non poter essere affrontato con il PD che è storicamente il partito dei tagli alla sanità e del proliferare, nelle regioni rosse con estensione a tutta Italia, delle cooperative di gettonisti”.

Secondo la segretaria del PD, la spesa sanitaria in rapporto al PIL è scesa ai livelli più bassi degli ultimi 15 anni. È un dato che trova conferma anche secondo lei? E se sì, come lo giustifica?

“La Lombardia ha un peso del Fondo sanitario pari a poco meno del 5% del suo PIL, al Sud si va oltre il 12-13%. I numeri sono testardi perché dimostrano la pretestuosità delle polemiche. La questione, poi, denota una certa ignoranza perché non si sa, evidentemente, che la sanità è finanziata a prestazioni e che le prestazioni rispondono a una tariffa. Aumentare il Fondo sanitario in valore assoluto significa aumentare le prestazioni. Poi, se mi chiede se per la sanità servono maggiori risorse, la risposta è certamente positiva. Ma può parlare di investire di più in servizi sociali chi ci ha fatti perdere centinaia di miliardi nel bonus 110? Abbiano almeno la dignità del silenzio“.

Il Governo rivendica il più grande investimento nella sanità pubblica della storia d’Italia, ma l’opposizione lo definisce una “balla mediatica”. Dove sta la verità?

“Nei numeri che, ripeto ancora una volta, sono testardi: negli ultimi due anni si è aumentato il Fondo portandolo a 137 miliardi di euro. E l’aumento va oltre l’inflazione, quindi è un aumento strutturale vero. Poi, ripeto, si può e si deve fare di più. Ma i governi da Renzi a Gentiloni, e oggi il primo è la più avvincente cheerleader di Schlein, sono stati protagonisti di un calo di risorse paurose. Mentre a Balduzzi, uomo tecnico di sinistra, si deve la riduzione di posti, ospedali e servizi”.

La carenza di personale sanitario è ormai strutturale: oltre 20mila medici e 70mila infermieri mancano all’appello. Ritiene credibile la proposta di un piano straordinario di assunzioni lanciata dal centrosinistra? Cosa propone invece la maggioranza?

“L’Ocse ha diffuso una relazione shock: in Europa mancavano, nel 2023, un milione e duecentomila medici e altri professionisti del sistema sanitario, mentre si fa una stima che fa arrivare la possibile carenza a circa quattro milioni nei prossimi anni, tenuto conto dei pensionamenti. Il Parlamento Europeo ha avviato una relazione d’iniziativa sullo stato del lavoro sanitario, di cui probabilmente sarò il relatore. Le nostre proposte sono dirette e partono dai supporti alla formazione, all’aumento del numero dei corsi, oltre al superamento del test d’ingresso voluto dal Governo Meloni. Ci confronteremo anche a livello europeo”.

Si parla di “scaricare le rette sulle famiglie” e di “allargare gli spazi alle assicurazioni private” nel Ddl Prestazioni sanitarie. Può chiarire quale fosse l’obiettivo reale del disegno di legge? È stata fatta disinformazione?

“Non conosco il dettaglio di queste proposte, ma le offro la mia opinione. Anche qui “integrare” le opportunità non può essere sottoposto a valutazioni ideologiche. Sono convinto che un’idea potrebbe essere utilizzare la trattativa sui rinnovi contrattuali per inserire ipotesi di assicurazione sanitaria integrativa. Non sono convinto che un piccolo aumento del salario oggi sia più gradito di un supporto sanitario integrativo”.

La sanità pubblica può restare universalistica e gratuita in un contesto di invecchiamento della popolazione e pressione sulla spesa pubblica? Serve forse un “nuovo patto sociale” anche con i cittadini?
“L’universalità del sistema sanitario va difesa a tutti i costi. È un valore del nostro sistema. La deve difendere lo Stato, la devono difendere i cittadini. Rispettando i medici ed evitando il ricorso a cure non necessarie. Ma prima di tutto dovremmo essere orgogliosi perché, a dispetto di altri sistemi sanitari, quello italiano fornisce annualmente decine e decine di milioni di prestazioni gratuite. Non lo cambierei con altri”.

fonte IlSicilia