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QUANDO HA SENTITO DAVIGO, IL TROJAN SI È ROTTO…

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I trojan sono uno strumento di indagine nuovo, logico che non sempre funzionino bene.
O forse no. Forse funzionano benissimo. Cosa è successo al trojan del povero Luca Palamara? Ha intercettato tutto e tutti e ha riferito
agli inquirenti. Pagine e pagine per trascrivere
ogni più piccolo e insignifi cante colloquio. Anche quello col suo meccanico di fiducia.

Ci sono volute 60mila pagine per riportare l’enorme
mole di lavoro del trojan. Il quale pare sia sensibilissimo, e registri anche i sospiri, se si tratta
di ascoltare, ad esempio, esponenti politici. Di
Ferri e Lotti sappiamo tutto. Persino che non
solo facevano riunioni, ma addirittura che le facevano di notte, e di notte – si sa – non si discute, si trama. Però il trojan si chiude a riccio e
non vuol sentire niente se invece di un politico
o di un magistrato antipatico, l’interlocutore di
Palamara è un magistrato importante o molto
importante. E così succede che Palamara si sta
preparando per andare a cena con Pignatone,
il Procuratore di Roma, per decidere chi sarà il
suo successore e come sarà possibile imporlo,
e il trojan, all’improvviso, si rompe. Non intercetta. Una serata di riposo.
E Davigo? Beh, è lui stesso a raccontare che
una sera a un dibattito incontra per caso il dottor Palamara. Gli chiede quale sia l’autobus
migliore per tornare in albergo e Palamara gli
offre un passaggio in macchina. Lo intercettano? Davigo dice: non c’è traccia. Dunque? Si è
rotto un’altra volta il trojan? Mannaggia. Vabbè,
succede.
Volete sapere quand’è che Davigo ha incontrato per caso Palamara? Alla presentazione di un
libro di Davigo presentato da Palamara. C’erano i manifesti coi due nomi stampati belli grandi: DAVIGO e PALAMARA. Però probabilmente
Davigo non lo sapeva che quella sera lì si sarebbe presentato proprio il suo libro e proprio
con Palamara. Sono le cosiddette presentazioni
a sua insaputa… (a sua insaputa come la casa di Scaiola o l’emendamento pro Davigo, poi ritenuto inammissibile, che avrebbe allungato di due anni la messa in pensione del “giustiziere di giorno e di notte” per non farlo “alzare” dal CSM – nota QTS)
Piero Sansonetti – Il Riformista





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