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POLITICA E MAGISTRATURA. La testimonianza di Palamara

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Il rapporto tra magistratura e politica è uno dei temi più controversi in Italia, dove spesso si discute di una possibile ingerenza tra questi due poteri dello Stato. Il dibattito si sviluppa attorno a due questioni principali:

L’indipendenza della magistratura

Secondo la Costituzione italiana, la magistratura è un potere autonomo e indipendente dagli altri poteri dello Stato (art. 104). Questo principio è stato sancito per garantire che i giudici e i pubblici ministeri possano svolgere il loro lavoro senza subire pressioni politiche o interferenze.

Tuttavia, alcuni criticano il sistema attuale, sostenendo che:
• Alcuni magistrati usano le inchieste giudiziarie per influenzare la politica.
• Esiste un orientamento politico di parte all’interno della magistratura che meglio si manifesta nelle correnti.
• Le carriere dei magistrati, soprattutto quelli della Procura, non sono abbastanza controllate da meccanismi di verifica esterni.

Magistrati in politica

Un altro tema delicato è il passaggio di magistrati alla politica e viceversa. Alcuni ex magistrati hanno avuto ruoli di primo piano nei partiti e nei governi, alimentando più di un sospetto che alcune inchieste possano avere fini politici.

Per limitare questa commistione, sono state introdotte alcune norme:
La legge Severino (2012) prevede che i magistrati che si candidano debbano dimettersi definitivamente dalla magistratura.
Alcune proposte mirano a vietare ai magistrati di ricoprire incarichi politici per un certo periodo dopo aver lasciato la toga.

Scontri tra politica e magistratura

Negli ultimi decenni, ci sono stati numerosi conflitti tra magistratura e politica, soprattutto in occasione di inchieste che hanno coinvolto leader politici. Alcuni casi emblematici:
Tangentopoli (anni ‘90): l’inchiesta di Mani Pulite portò alla fine della Prima Repubblica. Alcuni politici accusarono i magistrati di voler “sovvertire” il sistema, di fatto alcuni partiti furono “cancellati” ma altri no, come quello che oggi si chiama PD.
Berlusconi e la magistratura: l’ex premier ha più volte parlato di una “magistratura politicizzata” che voleva eliminarlo dalla scena politica.
Governi recenti: il tema è tornato spesso alla ribalta, con critiche alla magistratura da parte di alcuni esponenti politici, soprattutto su inchieste che riguardano corruzione e abuso d’ufficio.

Alcune proposte per riequilibrare il rapporto tra magistratura e politica includono la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, per evitare che il PM (che accusa) sia troppo vicino ai giudici (che decidono).
Maggiore responsabilità dei magistrati, con norme più severe sugli errori giudiziari. Limiti più rigidi per il passaggio dalla magistratura alla politica.

Il tema resta aperto e molto divisivo, con opinioni fortemente contrastanti tra chi difende la cosiddetta  indipendenza della magistratura e chi denuncia un suo presunto attivismo politico eccessivo.

Altra questione è che la magistratura che “non risponde per colpa o dolo”, c.d. annosa questione della responsabilità dei magistrati che sono gli unici funzionari pubblici ad avere una sorta di immunità, anche perché a giudicarli è il CSM. Una giustizia tra loro insomma.

L’accusa ricorrente è  che “magistratura politicizzata esonda”. Una critica feroce alla magistratura quando questa supera i propri confini istituzionali e assume un ruolo percepito come politico, ecco perché la maggioranza dei cittadini non ne ha più fiducia, come si evince dai sondaggi.

Alla fine aggiugiamo la testimonianza di Palamara che dei magistrati è stato il capo. Chi meglio di lui?