«Cosa accade a Paternò che non accada altrove? Nulla, molto probabilmente nulla. Dappertutto ormai si ritiene che l’elezione diretta del sindaco gli conferisca poteri speciali, tanto da porlo al di sopra della legge ed anche da qualsivoglia forma di critica. E allora? In che cosa è diverso il sindaco di Paternò? Ti vuoi lamentare del fatto che non tiene in conto che è anche il tuo sindaco, nonostante tu non l’abbia votato, e che quindi dovrebbe anche ascoltare tua sensibilità? Ma va, sei proprio un rompiscatole.
E si, sono un rompiscatole, però a Paternò le cose normali assumono, a volte un tratto tragico, a volte grottesco, da farsa napoletana, e mi viene il dubbio che il nostro sindaco si ritenga in carica, oltre che per volontà del popolo, anche per grazia di Dio.
Ora accade che oltre ai tanti mali che affliggono la città, come tante altre città italiane, quali il traffico, la poca pulizia, la mancanza di personale, la mancanza di risorse e servizi, le tariffe alte in cambio di pessimi servizi e chi più ne ha più ne metta, che il primo cittadino incappi in un’indagine per voto si scambio politico mafioso. Accade che venga rinviato a giudizio e che vengano convalidate le misure cautelari, ancorché sospese e quindi, a mente del c.p.p-, non producenti alcun effetto.
Il mio dire non ha intenzione di diffamare o calunniare alcuno, men che meno il sindaco, anzi colgo l’occasione per augurargli di venire fuori da questa vicenda, dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono addebitati e restituendo così anche l’onore alla città.
E qua sta proprio il punto, il sindaco non ha nessun obbligo legale di dimettersi, è innocente fino a sentenza definitiva, ma ha riflettuto sull’immagine che la sua spiacevole vicenda riflette sulla città? Il sindaco sa che anche se venissero confermate dalla Cassazione le misure cautelari, oggi sospese, non avrebbe l’obbligo di dimettersi. L’esempio della Liguria dove il Governatore rimase in carica per due mesi, sebbene agli arresti domiciliari, è a portata di mano.
Questo però non significa che la città, a salvaguardia della sua immagine, non possa chiedergli di rimettere il suo mandato. E ancor di più, non significa che il Consiglio comunale, in seduta aperta o meno, non possa votargli la sfiducia. Il dibattito che si celebrerebbe in Consiglio comunale sarebbe comunque pubblico e questo non trasformerebbe l’aula consiliare in un’aula di Tribunale.
La politica ha una sua autonomia di giudizio e quello che la giustizia penale può o potrebbe sopportare, nei limiti della propria capacità di dimostrare la verità (giudiziaria) oltre ogni ragionevole dubbio, la politica, nella sua etica, potrebbe ritenerlo inadeguato e cassarlo.
Il Consiglio comunale era, martedì sera, convocato in seduta aperta con all’ordine del giorno “Tutela e salvaguardia dell’immagine della nostra città”. Il Signor Sindaco immaginando che si sarebbe dibattuto sulla sua situazione giudiziaria, ha chiesto, direi con veemenza per non dire con minacce di intraprendere azioni legali, al Presidente del Consiglio comunale di revocare la convocazione della seduta, e il Presidente del Consiglio ha prontamente revocato la seduta.
Il sindaco dovrà convenire che se non avesse voluto che la sua situazione fosse strumentalizzata sul piano politico si sarebbe dovuto dimettere, avendo così la più ampia facoltà di difendersi nel processo e di non subire attacchi strumentali.
La prima stranezza quindi è che il sindaco che non ha alcun potere sul Consiglio comunale, pensando – non ne ha prove – che in Consiglio si sarebbe parlato della sua situazione giudiziaria, come se in città non se ne parli in ogni dove, ha pensato bene di non far tenere la seduta consiliare.
Un tempo vi fu chi, per intimorire il parlamento lo minacciava difar occupare l’aula dai suoi manipoli, oggi il sindaco di Paternò va oltre e chiude, o fa chiudere l’aula del Consiglio comunale, massima espressione della democrazia cittadina. Nessun dibattito può esservi sulla sua persona.
La cosa grave è che questo accade nel silenzio delle autorità che dovrebbero tutelare il corretto funzionamento delle amministrazioni comunali. Nel silenzio più assoluto, come se non esistesse un’interrogazione in Commissione parlamentare antimafia, come se in Consiglio comunale l’assessore alla legalità del Comune di Paternò non avesse dichiarato più o meno testualmente che a Paternò i lavori pubblici durano molto tempo, oltre i tempi contrattuali, e che costino di più di quello previsto. Sciocchezze, certo, parole in libertà, se non fosse che l’assessore in questione è un politico di lungo corso e un ottimo avvocato.
Che dire poi dei poteri forti che tramano contro il sindaco di Paternò. Al di là della forte immaginazione che ci vuole per pensare che i poteri forti si occupino di Paternò, di grazia il Signor Sindaco può individuare meglio questi poteri forti o i portatori di interessi che tramano contro di lui, troverebbe la città pronta a difenderlo e a combattere con lui.
Ma purtroppo con ci resta che dire: tanta confusione sotto il cielo di Paternò e tante istituzioni assenti. “Speriamo che me la cavo”» Uccio Ciatto