È incredibile ma vero ciò che accade nella stupefacente Paternò. E mentre l’Italia dell’antipolitica, ovvero della non politica, è impregnata dall’odio, ricordo come pidioti e grillioti hanno attaccato al calor bianco Faraone sol perché alla presentazione di un libro aveva avuto l’ardire di sedere accanto a Totò Cuffaro, a Paternò, more solito, gira tutto all’inverso. Come se i rappresentanti di quei partiti, che a livello nazionale vomitano insulti non solo contro Cuffaro ma anche a chi gli siede accanto per mera occasione e inscenano campagne antifasciste, nella ridente cittadina alle falde dell’Etna, fanno insieme le merende. Proprio così. Ciò che vale in Italia qui non conta nulla. Ebbene, seduti attorno al tavolo per discutere di coalizione, di candidato sindaco, di equilibri alla cencelli, assessori e divisione del potere ci sono: cuffariani, post-fascisti, post-forzisti, trasformisti (abbiamo perso il conto per qualcuno che cambia più casacche che mutande), piddini ortodossi, piddini ribelli al segretario regionale e, udite udite, i duri e puri grillini. Come se a Paternò i valori di una forza politica non valessero come valgono altrove, in alto loco. Con l’aggravante che alcuni sono stati prima nasiani, poi antinasiani per rimanere “sutta a turri”, ma come si può. Poi ci si lamenta se il popolo si disgusta. Poi ci si lamenta se dopo le eventuali vittorie le coalizioni macedonie di ortaggi non riescono a governare. La non politica è proprio questa. Non avere una visione del mondo e della società in comune. Mettono su una coalizione sol per abbattere, non per costruire. Ma i cittadini non sono idioti, capiscono che questi riti non saranno mai il sol dell’avvenire, ma la sola dell’avvenire. «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!», per dirla con padre Dante.
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