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Paternò: Comunità oppressa

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Paternò “una comunità, oppressa da una profonda crisi economica, sociale, culturale e politica, sente la necessità di alzare muri, costruire barriere e riprendere l’antica caccia alle streghe, significa che qualcosa è andato storto”. Partiamo da questa frase scritta da Francesco Finocchiaro, per fare a volo d’aquila il punto sulla situazione politico-sociale di una comunità.

La frase iniziale descrive una situazione in cui una comunità, come quella di Paternò, reagisce male, ad una profonda crisi economica, sociale, culturale e soprattutto politica, rifugiandosi nel silenzio per atteggiamenti di chiusura, esclusione e colpevolizzazione di individui o gruppi percepiti come “diversi” al regime imperante, o “colpevoli” per la non appartenenza. Questo tipo di reazione può essere interpretato come un segnale di malessere collettivo, in cui le difficoltà strutturali non trovano una soluzione costruttiva, ma si traducono in un ritorno a dinamiche arcaiche e divisive, come la inquisizione che porta al rogo per i diversamente pensanti.

L’espressione “qualcosa è andato storto” sottolinea il fallimento di meccanismi sociali, politici o culturali che avrebbero dovuto affrontare le difficoltà in modo inclusivo e lungimirante. Può indicare anche l’incapacità della leadership locale, incapace di farlo, di proporre un modello e una visione di sviluppo e di coesione.

L’inchiesta “Athena”, non per voler rimestare sempre la stessa minestra, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla stabilità politica dell’amministrazione comunale di Paternò, guidata dal sindaco Nino Naso e conseguentemente l’intera comunità. L’indagine, avviata nell’aprile 2024, coinvolge il sindaco per voto di scambio politico-mafioso, accusato dalla Procura Etnea di aver stretto un patto illecito con esponenti del clan Morabito, affiliato alla ‘famiglia’ Laudani di Catania, durante le elezioni comunali del 2022. In cambio di sostegno elettorale, come scrivono gli inquirenti, avrebbero promesso assunzioni e incarichi politici favorevoli agli interessi del clan. Il Tribunale del Riesame di Catania ha disposto gli arresti domiciliari per Naso e Comis, disposizione al vaglio della Suprema Corte il prossimo 15 gennaio.  Mentre il processo immediato, che vede imputati Naso e Comis inizierà il 9 settembre 2025. Il presidente della Commissione Antimafia all’Assemblea Regionale Siciliana, Antonello Cracolici, ha sottolineato la necessità di un intervento del Ministero dell’Interno per garantire la trasparenza e la legalità nelle istituzioni locali, con richiesta di accesso ispettivo per verificare le eventuali infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale.

È chiaro che questa situazione ha peggiorato l’incertezza politica e amministrativa a Paternò, che aspetta silente l’evoluzione dei fatti, che indubbiamente chiariranno il quadro politico in un senso o nell’altro.

Nessuna azione concreta, però, finora vi è stata da parte del consiglio comunale. Si parla da tempo della presentazione della mozione di sfiducia a Naso, per liberare la città dall’oppressione, ma l’attaccamento al ruolo e i vantaggi che da esso derivano fa si che la maggioranza dei consiglieri, anche alcuni dell’opposizione, ahimé, non consenta la presentazione della stessa, in effetti manca una sola firma.

La prosecuzione dell’inchiesta e l’avvio del processo determineranno l’evoluzione della situazione politica a Paternò, influenzando la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni locali (su tutti i stissi) e la stabilità dell’amministrazione comunale. Bisogna aspettare solo fino a mercoledì, guardando, dopo, anche al processo che si celebrerà a settembre. Poi chi avrà più filo per tessere, tesserà.