La ragione ufficiale offerta allora dal capo della DNA era l’intervista rilasciata dal pm palermitano alla trasmissione Atlantide condotta da Andrea Purgatori su La 7 il 18 maggio 2018. Un provvedimento severo visto che Di Matteo non svelava alcun segreto ma faceva solo dei ragionamenti su fatti noti. Al Fatto fonti vicine al procuratore dissero: “Quei fatti erano sì noti ma il procuratore Cafiero De Raho non ha gradito che su di essi raccontasse in tv la sua personale valutazione”. Il punto, secondo Cafiero De Raho, era che quelle valutazioni di Di Matteo erano oggetto allora di discussione tra Di Matteo stesso e i colleghi del pool stragi della Direzione Nazionale Antimafia di cui il pm palermitano faceva parte. Ora dalle chat del magistrato Luca Palamara depositate nell’indagine perugina che ha sconvolto il Csm nel maggio del 2019 emerge un fatto inedito.
Il 26 maggio 2019, quando La Repubblica esce con lo scoop di Salvo Palazzolo che annuncia: “Direzione nazionale antimafia, Di Matteo rimosso dal pool stragi per un’intervista (…) Dopo la puntata di Atlantide andata in onda sabato 18, il procuratore capo Federico Cafiero de Raho ha deciso la rimozione del magistrato dal neonato pool stragi”. Il magistrato della Dna Cesare Sirignano, appartenente alla stessa corrente della magistratura Unicost, invia un file alle 8 e 39 di mattina all’amico Palamara. Pronto il leader di Unicost la commenta così alle 8 e 42: “Grande Federico”. Dove Federico è evidentemente Federico Cafiero de Raho, autore del provvedimento contro Di Matteo.
Pochi secondi dopo Sirignano replica con uno stringato “Noi siamo seri”.
Cesare Sirignano fa sapere al Fatto che “Non c’era alcun ragionamento precedente al provvedimento del Procuratore Cafiero De Raho tra me e Palamara. Lo dimostra il fatto che io invio un file che lei mi dice potrebbe essere l’articolo. Quindi Palamara non ha saputo nulla da me prima e il provvedimento era stato fatto alcuni giorni prima. Io lo seppi a cose fatte comunque perché ero a Vienna e il Procuratore non me ne parlò.
Quel ‘Siamo seri’ è una frase breve di una chat che doveva restare privata e non ha nessun altro riferimento se non forse alla serietà di atteggiamento in generale”.
Che Palamara non fosse proprio un sostenitore di Antonino Di Matteo lo si capisce anche da un’altra conversazione intercettata stavolta dal trojan nascosto nel cellulare del magistrato romano nel maggio del 2019.
Quando con un collega della Procura di Roma, Stefano Fava, discuteva dei rapporti difficili con la corrente Autonomia e Indipendenza, di cui insieme a Piercamillo Davigo fa parte anche Sebastiano Ardita, e che ha sostenuto Di Matteo per l’elezione al Csm nell’ottobre 2019. In quel giorno di maggio 2019 mentre era intercettato insieme a Fava, Palamara temeva di essere antipatico ad Ardita e ricordava di quando lui era al Csm nella consiliatura precedente e si era schierato contro l’approdo di Di Matteo alla Direzione Nazionale Antimafia.
Inoltre sempre dalle sue chat si scopre che Palamara non gradiva proprio l’esistenza del pool stragi.
La sera del 6 maggio 2019 infatti il leader di Unicost scrive a Sirignano: “Questo gruppo per indagare sulle stragi tutti ne parlano. Ma c’era bisogno?”
Sirignano risponde: “Sì ma non è per indagare sulle stragi, è per verificare eventuali collegamenti tra le indagini che potrebbero essere sfuggiti o non acquisti (acquisiti, ndr) Luca domani vediamoci nel tardo pomeriggio”. Palamara insiste: “Ti dico che non è grande mossa”.
E Sirignano: “Luca ma tu non hai capito che Federico (Cafiero de Raho, anche lui Unicost, ndr) rappresenta la nostra forza”.
Palamara replica: “Lo so. Ma non deve sbagliare mosse”. Palamara non ha alcun ruolo nella strategia della Direzione Nazionale Antimafia. In teoria. Certamente quando Giovanni Falcone aveva ideato questo ufficio non immaginava che lo stra-dominio delle correnti della magistratura (che lui aveva sperimentato sulla sua pelle quando lo avevano fatto fuori dalla corsa a procuratore di Palermo) potesse rivelarsi così pervasivo a distanza di 30 anni.
Il potere di Palamara derivava dalla capacità di controllare, mediante i suoi uomini dentro Unicost, i voti necessari per far progredire le carriere dei magistrati nelle votazioni al Csm.
Quando il 27 luglio 2017 Federico Cafiero De Raho era stato battuto nella corsa per la Procura di Napoli, Palamara scriveva al Procuratore: “Ho lottato insieme a te fino all’ultimo. Persa una battaglia non la guerra” e Cafiero de Raho: “Carissimo Luca sono convinto che ancora dobbiamo lottare insieme. Grazie, comunque, per avermi assecondato nella scelta, che non condividevi, di andare avanti (…) Un forte abbraccio”. Il 23 ottobre 2017 Federico Cafiero de Raho scrive a Palamara scherzosamente: “Grande capitano”, però in quel caso il riferimento è al ruolo nella Nazionale magistrati di calcio.L’11 maggio 2018 Palamara invia a De Raho un articolo dell’Ansa che riporta le sue dichiarazioni non molto favorevoli a Di Matteo.
Il titolo del lancio era “Stato-mafia: De Raho, pm che lavora non si aspetti sostegni”.
E il procuratore nazionale diceva su Di Matteo: “È evidente che sulla trattativa ciascuno abbia il suo punto di vista, ma associarsi o sostenere un pubblico ministero vorrebbe dire già avere una tesi (…) chi svolge un ruolo di garanzia per il cittadino non può sentirsi minacciato o condizionato. Chi ha un ruolo come il nostro non può mai essere influenzato da una minaccia, noi abbiamo il compito di rappresentare lo Stato”.
Palamara commentava: “Bravissimo!!!!!!” con sei punti esclamativi. Senza risposta.
qtsicilia@gmail.com