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Luigi Di Maio fatto a pezzi da Filippo Facci

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Questo articolo va in stampa in forma ridotta per venire incontro alle capacità mentali dei grillini, ma soprattutto perché – in una pagina – tutte le promesse tradite da Di Maio proprio non ci stanno. Troppe le parole rimangiate: senza contare ciò che Di Maio dice di aver fatto e invece non ha fatto manco per niente.

Del caso Carige, per dire, si parla ampiamente in altre pagine di questo giornale: in pratica il governo ha salvato una banca esattamente come altri governi ne avevano salvato altre, e quanto la base grillina non colga differenze tra altri governi e questo (rispetto al salvataggio di una qualsiasi banca Etruria, per esempio) è desumibile dai commenti che si possono leggere in queste ore nelle pagine Facebook di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, tra altri. Quindi andiamo oltre. E azzardiamo un elenco parziale di stupefacenti fanfaronate. Leggi anche: Becchi smaschera Di Maio: gilet gialli, complotto anti-Salvini 1) Di Maio disse: «Mai alleanze con la Lega Ma vi pare possibile che un meridionale come me possa fare un’ alleanza con uno che canta “Vesuvio lavali col fuoco?”». Sì. 2) Di Maio disse: «Basta premier non eletti. Il sottoscritto è stato votato da 11 milioni di italiani». Era il 30 marzo scorso. Giuseppe Conte non era stato votato da nessuno. È premier. 3) Di Maio disse: rimetteremo l’ articolo 18. Meglio: «Noi il Jobs Act lo vogliamo abolire, crediamo che sotto i 15 dipendenti non serva l’ articolo 18». Data: 17 dicembre 2017. Ricordiamo che l’ articolo vietava alle aziende sopra i quindici dipendenti di licenziare i lavoratori senza giusta causa. E ricordiamo che ai grillini non mancò l’ occasione per reintrodurlo: alla fine di luglio Liberi e Uguali presentò un emendamento proprio per questo e Roberto Speranza disse a Di Maio: «Ministro, questa è la grande occasione». La proposta ottenne 13 sì, 191 astenuti e 317 contrari, cioè Lega e grillini. 4) Di Maio disse: mai condoni edilizi. Meglio: «Cercate una mia proposta di legge di condono che riguarda Ischia o qualche altra regione: se la trovate mi iscrivo al Pd». L’ ha detto il 23 agosto 2017. Ancora prima, all’ indomani del terremoto di agosto 2017 che colpì l’ isola campana, fu implacabile: «Forza Italia e Pd sono la causa di tutti gli abusi e sanatorie in Italia Per l’ abusivismo edilizio noi non abbiamo nessuna tolleranza». Morale: i grillini hanno inserito il condono per Ischia nel decreto per Genova. Per il resto la storia dei condoni edilizi di cui ha beneficiato l’ intera famiglia di Maio ormai la conoscono anche i sassi. sanatoria in famiglia 5) Di Maio e compagnia: «No ai vaccini obbligatori». Poi il governo ha cambiato idea più volte: prima cancellando il rinvio dell’ obbligo, poi confermando la circolare del ministro della Salute Giulia Grillo che consente ai bambini di poter iniziare l’ anno scolastico grazie a un’ autocertificazione che varrà fino al 10 marzo. Le proteste dei No Vax non si sono contate. 6) Di Maio, da anni, parlava di una Taranto senza Ilva e pienamente bonificata dal punto di vista ambientale. Disse: «La nostra posizione è chiara, la riconversione economica passa dalla chiusura delle fonti inquinanti senza le quali le bonifiche sarebbero inutili». Un accidente: l’ Ilva c’ è ancora ed è più forte di prima, anche se questa morale ha fatto seguito a settimane di annunci estivi, stop, pareri dell’ avvocatura e atti secretati. Il contratto con il colosso dell’ acciaio Arcelor Mittal è ancora lì, perfetto. Rispetto all’ accordo del precedente governo, i sindacati sono riusciti a tenersi 300 lavoratori in più. Di Maio allora ha commentato: «È il risultato migliore possibile nelle peggiori condizioni possibili». Magra consolazione per una città che aveva votato i grillini portandoli al 44 per cento. 7) Di Maio diceva e ridiceva e stradiceva: reddito di cittadinanza. Probabilmente ci ha vinto le elezioni, e si vantava pure di avere le coperture. Dopodiché – è noto – gli aggiornamenti sul tema cambiano ogni 12 secondi. Doveva essere un sussidio di 780 euro al mese per ogni persona in condizione di povertà, anzi, poteva arrivare a 1680 euro al mese in caso di due figli a carico. Faceva una platea potenziale da 5 milioni di persone. Poi? Poi si è arrivati a uno stanziamento netto di 5,8 miliardi di euro a cui va aggiunto quanto stanziato dai governi precedenti (il «Rei») e insomma a una cifra che, divisa per tutta la platea annunciata, fa circa 133 euro al mese per persona. ECOLOGISTI DELUSI 8) Di Maio, in stereofonia con Alessandro Di Battista, diceva a proposito del Tap, il gasdotto trans-adriatico che attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce: «Con il governo a 5 stelle, in due settimane non si farà più». Morale: si farà. Notare che a Lecce i grillini hanno conquistato il 67 per cento, stesso luogo dove, a fine ottobre scorso, alcuni grillini hanno bruciato le bandiere del Movimento dopo la decisione di dare il via libera all’ opera. 9) Di Maio e i grillini hanno sempre sostenuto che avrebbero bloccato ogni trivellazione petrolifera nell’ Adriatico. Il Movimento, in particolare, nel 2016 aveva ampiamente sostenuto il cosiddetto referendum sulle trivelle. Bene: ora il governo, dopo non averne bloccata nessuna, ha autorizzato altre tre trivellazioni nel mar Ionio, che in effetti non è l’ Adriatico. Il via libera è contenuto in tre decreti di fine dicembre con cui il dicastero guidato da Luigi Di Maio accorda a una compagnia americana trivellazioni per 2.200 km quadrati da Leuca a Isola Capo Rizzuto, fra Puglia, Basilicata e Calabria. Notare che sono tutte zone dove i grillini hanno ottenuto consensi facendo gli ecologisti integerrimi. In tutta la Puglia i «No-Triv» hanno preso quasi il 43 per cento. 10) Di Maio diceva, assieme ai due amigos di governo: «Deficit al 2,4 per cento». Nel dettaglio, Di Maio ha detto: «Il 2,4 per cento non si tocca, primo perché siamo uno stato sovrano, secondo perché manteniamo le promesse». Realtà: il premier Conte ha chiuso faticosamente un accordo con l’ Europa portando il deficit al 2,04 per cento. 11) Di Maio diceva, sostenendo il tentennante Danilo Toninelli: «Il Terzo Valico va messo da parte e va preferito il potenziamento della linea ferroviaria esistente». Di Maio lo disse in campagna elettorale. Poi Toninelli, in una delle sue sgangherate uscite, ha recentemente concluso: «L’ analisi costi-benefici, insieme all’ analisi giuridica, ha previsto che il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro. Di conseguenza il Terzo Valico non può che andare avanti». Cioè si farà. TRANVATA AD ALTA VELOCITÀ 12) Di Maio ha sempre detto che avrebbe bloccato l’ acquisto dei costosissimi jet militari F35. Poi ora, cioè il mese scorso, il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo ha detto che «non si può rinunciare a questa tecnologia che è la migliore al mondo». Panico nel web. Di Maio si è poi detto «perplesso» ma ha lasciato intendere che il programma d’ acquisto andrà comunque avanti, magari, ecco, acquistando otto aerei in meno. Se possibile. Otto. 13) Di Maio e i grillini (soprattutto siciliani) hanno sempre detto che avrebbero bloccato l’ ultimazione del Muos, il sistema satellitare americano realizzato all’ interno della riserva della Sughereta in provincia di Caltanissetta. «Smantelleremo il Muos» era la partola d’ordine dei vari comitati grillini. Sino a un annuncio di Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia siciliana: «Da oggi è una certezza: il governo è favorevole al Muos. All’udienza di oggi l’ avvocatura dello Stato non si è presentata, mantenendo la posizione ufficiale del governo che esprime un chiaro “sì” all’impianto. Sono quindi smentiti in modo evidente gli annunci fatti da Di Maio e dai suoi portavoce». 14) Di Maio e compagnia hanno sempre detto peste e corna contro il Tav, il treno ad alta velocità che dovrebbe passare dalla Val di Susa. Si farà? Tutto depone ampiamente per il sì, compreso il tomentato ministro Toninelli secondo il quale «l’ opera è stata concepita male ma ora si può rimediare rendendola più sostenibile». L’ unico a scommettere che non se ne farà nulla è rimasto Beppe Grillo. Sta di fatto che in Val di Susa i Cinque Stelle hanno ottenuto percentuali da capogiro: a Venaus, uno dei centri simbolo della lotta, il 60 per cento; a Mompantero, negli scorsi anni teatro di scontri, quasi il 46; a Bussoleno, il 44 per cento. In tutta la valle i grillini hanno superato abbondantemente il 30 per cento. Ora gli elettori, come per molte altre promesse, si preparano a una tranvata ad altissima velocità. di Filippo Facci

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