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L'ANALISI

L’AUTONOMIA FARLOCCA, LIBERIAMO LA SICILIA

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Dai leghisti siciliani non una parola sull’autonomia differenziata, approvata dal Consiglio dei Ministri sotto la regia di Roberto Calderoli. Il tema è come se non li riguardasse. L’unica eccezione proviene da Annalisa Tardino, che in queste ore è segnalata fra le “papabili” alla segreteria: “Un importante risultato per il Nord, ma anche una grande sfida per il Sud – rileva l’eurodeputata -, quel Sud che è oggi di serie B, quello stesso Sud che rinnega l’assistenzialismo, ma che deve orgogliosamente dimostrare di essere in grado non di camminare in autonomia, ma di correre ed essere il vero futuro dell’Italia ed il nuovo baricentro d’Europa. Definitivamente abbandonando l’approccio del passato, che ha prodotto solo differenze”.

Gli altri rimangono in silenzio. Anche perché nell’Isola, complice una classe dirigente impreparata e servizi dannatamente carenti (a partire dalla sanità), l’autonomia – come da Statuto – si è già rivelata un buco nell’acqua. Della serie: può andare solo peggio. Il presidente della Regione Renato Schifani, dopo aver accolto il Ministro degli Affari regionali a Palermo, qualche settimana fa, non ha cambiato idea sulla proposta: “Sono contrario all’idea di una Italia a due velocità – ha detto ieri -. Pur nel rispetto della Costituzione che prevede la possibilità per le regioni di avere una maggiore autonomia, sono convinto che prima di tutto sia necessaria una omogeneizzazione degli aspetti infrastrutturali ed economici del nostro Paese”. Il chiodo fisso riguarda gli stipendi: “Su servizi essenziali come sanità e scuola – ha detto Schifani – resto convinto che non possono esserci medici o professori più pagati al Nord e meno al Sud”.

E’ così che la Lega si scopre all’improvviso un alleato inesistente, se non addirittura scomodo. Le ultime dichiarazioni del vicepresidente Luca Sammartino, sull’argomento, sono dello scorso novembre: “La Sicilia e il Sud devono recuperare il gap e i livelli di assistenza e poi discuteremo di autonomia differenziata”. Non è stato un buon profeta, dato che il ddl si è concretizzato nel giro di pochi mesi e senza grosse assicurazioni sul principio d’equità fra regioni. In questo periodo la Sicilia è uscita dalla mappa della geopolitica per occuparsi delle sue vicende interne, ad esempio l’allestimento di una Finanziaria che sembra il frutto di un accordo interno alla “confraternita delle mance”. Altro che sviluppo. Così Schifani ha le spalle scoperte.

La Lega, nell’Isola, è interessata da mutevoli scosse telluriche. Che nel giro di poche settimane potrebbero portare a un ricambio dei vertici. Anche se ieri, presentandosi al cospetto di Salvini, l’attuale segretario regionale Nino Minardo ha deciso di restare in sella. “I siciliani hanno delle aspettative e non dobbiamo deluderli, occorre andare oltre le sterili diatribe interne e ‘volare alto’”, ha spiegato il presidente della commissione Difesa alla Camera. Le “diatribe interne” sono quelle che coinvolgono la vecchia guardia e le new entry, i cosiddetti Sammartino boys, che sperano di mettere le mani sul candidato sindaco di Catania (è in pole Valeria Sudano, compagna del vicepresidente della Regione), ma anche sulla segreteria: il nome nuovo è quello del deputato messinese Nino Germanà. Ma c’è anche una proposta “terza” per evitare una diaspora dei leghisti della prima ora: porta dritta all’europarlamentare di Licata Annalisa Tardino, che la Lega aveva già candidato alla vicepresidenza del parlamento europeo.

Al netto del rimescolamento, restano le difficoltà del Carroccio a svelare le proprie carte: quello siciliano – con pezzi provenienti da Forza Italia, da Italia Viva e dal centro in generale – non è lo stesso partito di Calderoli. Solo che nessuno ha il coraggio di dirlo. 

ENRICO CIUNI x B.S.

qtsicilia@gmail.com