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LA [NON] SANITÀ IN SICILIA

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Platone è stato filosofo, scrittore e politico, vissuto tra il IV ed il III secolo a.c., considerato uno dei personaggi più influenti della storia, insieme al suo maestro Socrate e al suo allievo Aristotele, che hanno posto le basi del pensiero filosofico occidentale.

Secondo Platone, nel IV secolo, esistono due tipi di medicina: quella destinata agli schiavi, per i quali è sufficiente eliminare i sintomi di una malattia, dato che essi devono tornare quanto prima al loro lavoro, e la medicina per gli uomini liberi, attenta non solo ai sintomi ma anche all’anima e ai rapporti familiari del malato.

Leggendo le notizie che ogni giorno riguardano la mala sanità siciliana pare che da allora non sia cambiato nulla o quasi. Infatti, quando un siciliano, malauguratamente, è costretto a ricorrere alle cure mediche in ospedale, ed ancor prima si imbatte in un pronto soccorso, la prima domanda che è costretto a porsi è: ma conosco qualcuno qui dentro?

La malasanità comincia proprio dalla consapevolezza che dentro una struttura sanitaria della Sicilia avere un amico è fondamentale per sopravvivere nella giungla di un sistema che è allo sbando.

Diventa indispensabile allora trovare un amico che possa a vario titolo intercedere verso un medico o un operatore sanitario, disponibile per dare risposte ai propri interrogativi, per essere assistito a dovere, ma può servire anche più semplicemente a trovare un rotolo di carta igienica per il bagno.

E’ indubbiamente vero che ci sono tanti bravi medici, premurosi con ogni paziente, e tanti bagni sono muniti di carta igienica, ma è appunto l’aggettivo tanti e non tutti a fare la differenza.

Perché nel passaggio da tanti a tutti c’è il traghettamento dalla barbarie alla civiltà, dal diritto che viene trasformato in un favore e dal diritto sacrosanto che dovrebbe essere precondizione di civiltà.

Ma se la Sanità Pubblica non funziona,, come dovrebbe la responsabilità è soprattutto di chi ha l’onere di renderla efficiente e capace di dare risposte all’utenza garantendo livelli essenziali di assistenza di qualità.

E da qui si torna sempre al tasto dolente della politica che non fa il proprio dovere e che sulla sanità, intesa come favore, ha costruito il proprio potere più solido, che si traduce nella cooptazione di dirigenti generali, direttori sanitari, direttori amministrativi, primari, dirigenti medici ed amministrativi, infermieri e via via fino ai portantini, amici fidelizzati, ma non sempre i più bravi.

A ben vedere la politica siciliana, impegnata a distribuire prebende a destra ed a manca, ed a soddisfare interessi di parte in luogo di quelli collettivi, ha perso di vista l’interesse comune che nel caso in specie è la salute pubblica.

A ciò si aggiunge che chi ha bisogno di cure ha insita in sè una debolezza psicologica che diventa il veicolo utile a creare o a rafforzare le clientele. Infatti i politici sono i primi a essere chiamati al telefono quando un loro elettore, o un amico di un loro elettore, ha un parente ricoverato in ospedale. Subito scatta la ricerca del medico al quale fare arrivare la segnalazione che a sua volta fa arrivare al paziente la rassicurazione di essere seguito ed attenzionato a dovere.

Ma chi non ha santi in paradiso o non vuole, per forma mentis, chiedere favori purtroppo diventa lo schivo del nuovo millennio. Ed allora può capitare di trovare un operatore sanitario gentile, premuroso, con capacità comunicativa, rassicurare e rincuorare, competente, oppure ci si può imbattere nell’indifferenza più disumana, come raccontano i genitori di Cristian che hanno visto morire il loro bambino trattato come carne da macello all’ospedale Civico di Palermo o i genitori del giovane di Patti che si è visto bloccare la propria frattura con una scatola di cartone. Solo per fare due esempi recenti, sebbene se ne potrebbero citare centinaia.

La verità più cruda è purtroppo che la sanità siciliana, quella pubblica in particolar modo, va radicalmente ripensata in un’ottica completamente diversa.

Se la sanità del nord Italia è più efficiente rispetto a quella del centro e sud Italia, a dispetto di chi demonizza la sanità privata, deve a questa ultima il merito di essersi modernizzata.

Infatti nelle regioni italiane dove la sanità pubblica funziona c’è parallelamente una massiccia presenza della sanità privata che, immaginata progettata e realizzata nell’ottica dell’efficienza, offre servizi residenziali migliori, offre cibo migliore, offre i medici più qualificati, offre personale sanitario pronto, efficace, attento all’esigenza dell’utente, costringendo la sanità pubblica a stare al passo per non rischiare di essere completamente soppiantata.

Orbene è arrivato il momento di mettere da parte la demonizzazione del privato in sanità. Anzi per alcuni settori andrebbe incentivato, al netto di ambiti come i pronto soccorso, degli interventi di emergenza ed urgenza e salvavita, i grandi interventi, la medicina territoriale, la prevenzione e poco altro. Ma con una logica del tutto nuova, già presente in alcune regioni d’Italia.

Il privato accreditato e convenzionato, una volta riconosciuta l’idoneità alla erogazione di un determinato servizio sanitario, di un determinato numero di prestazioni, non dovrebbe avere alcuna certezza di un budget assegnato. Così, dovendo attrarre a sè l’utente da assistere, si vedrebbe costretto ad offrire sempre servizi di primo piano, di alta qualità, con una spiccata umanizzazione.

Praticamente, come per il birraio di Adam Smith, l’erogatore di servizi sanitari, in un mercato praticamente di libera scelta, si vedrà costretto ad attrarre l’utente che ha necessità di cure, fornendo servizi sempre più efficienti, innovativi, e di qualità. L’utente, titolare di un voucher, sceglierà liberamente dove farsi assistere e curare, guardando alla qualità della cura ed assistenza. Costringendo in tal modo il pubblico, se vuole restare sul mercato, ad uniformarsi al sistema, fornendo altrettanti servizi di cura maggiormente di qualità, per non farsi spiazzare dal privato. Ed al contempo la politica sarà costretta, per far stare al passo la sanità pubblica, a scegliere i migliori per la guida delle aziende sanitarie e degli ospedali e non i più fidelizzati, ma spesso incapaci, e di incentivare il merito rispetto alle logiche infauste che oggi governano il sistema.

La formula ancorché brutale, diventa necessaria, per evitare che possa ancora esistere la medicina degli schiavi e la medicina degli uomini liberi. Da Platone e dalla sua teoria sono passa ben oltre 2000 anni ma da noi in Sicilia sembra ancora tutto come allora.