di Coriolano della Capitale-
La nota questione che sta riguardando il Comune di Paternò e più in particolare il Sindaco NASO e l’Assessore COMIS, che sono finiti agli arresti malgrado l’esecuzione sia stata sospesa in attesa dell’esito dei ricorsi presentati, al di là dei risvolti che ci saranno, ma che sembrano scontati dopo gli esiti del Riesame. Ricordando che la Cassazione fa solo il controllo di legittimità. Tutto ciò pone una serie di interrogativi sulla questione etico-morale che riguarda sia gli amministratori locali, che la classe politica regionale e nazionale.
Indubbiamente negli ultimi anni molti, se non addirittura troppi, esponenti politici sono stati accusati, e in diverse occasioni condannati, per avere intrattenuto rapporti con esponenti di spicco della MAFIA e più in generale della organizzazioni criminali. Da ciò emerge che il rapporto tra politica e mafia è certamente uno degli aspetti più inquietanti e controversi del fenomeno mafioso e della storia delle forze politiche e delle istituzioni della nostra regione.
Non è tollerabile che un amministratore pubblico, sia esso locale, che regionale, che nazionale, possa macchiarsi di siffatte responsabilità intrattenendo rapporti, se non peggio collaborando, anche col supporto esterno delle proprie azioni, al sodalizio criminale.
Il reato indubbiamente è personale e non si può fare di tutta l’erba un fascio e che i partiti sono aggregazioni di persone che condividono un sentire comune di valori e di progetti.
NINO NASO è oggi un esponente dell’MPA, di Raffaele Lombardo. Ma è un politico di lungo corso ex Repubblicano, ex CCD, oggi è un esempio recentissimo del tema che trattiamo.
Restando nel Catanese recentemente 11 persone tra esponenti politici, funzionari comunali, imprenditori, sono stati accusati di scambio elettorale politico mafioso, estorsione, aggravata dal metodo mafioso, corruzione aggravata, istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti. Tra questi il sindaco di Tremestieri Etneo, Santi Rando, arrestato, e l’on. Luca Sammartino. Quest’ultimo, potente ed autorevole politico catanese, è stato costretto a dismettere le sue cariche (era vicepresidente della Regione Siciliana ed Assessore all’Agricoltura), rinviato a giudizio. Leghista per opportunità ma democristiano di estrazione, amico storico di Totò Cuffaro. Dalle indagini a suo carico sembrerebbe che abbia preso parte ad incontri con dei boss e per questo, ed altro ancora, accusato di scambio politico mafioso.
Saltando dall’altra parte della Sicilia, precisamente nel Trapanese, ANTONINO PAPANIA, già senatore del PD, ex Democratico Cristiano, attraversando il movimento politico VIA, di cui è stato promotore, confluito nell’MPA Trapanese, è stato recentemente arrestato per scambio di voti politico mafioso. Ma già nel 2009 il suo collaboratore tuttofare, Filippo Di Maria, è stato arrestato, anch’esso, in una operazione antimafia.
Sempre per restare nel trapanese un altro autorevole politico, con origini centriste, seppur con esperienza in vari partiti e movimenti da Articolo 4, al PD, è stato condannato a 12 anni di carcere, che sta scontando. Parliamo di Paolo Ruggirello, politico con rapporti datati nel tempo con esponenti di spicco della Mafia Trapanese al punto che la sentenza lo considera un referente nelle istituzioni di cosa nostra.
Senza dimenticare il più autorevole e potente ex senatore Antonio D’Alì, già sottosegretario agli interni, trapanese, esponente di Forza Italia, che dalla sentenza viene indicato come devoto a Cosa Nostra e vicinissimo a Matteo Messina Denaro, per questo condannato in via definitiva a 6 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Volendo passare al Palermitano, note sono le vicende che hanno riguardato l’ex Presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, condannato a 7 anni per concorso esterno alla mafia, ma anche dei suoi fedelissimi Mimmo Miceli, anch’esso condannato per rapporti col boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro detto “U Dutturi” e Antonino Dina, ex deputato e Presidente della Commissione Bilancio all’ARS, raggiunto dall’applicazioni di misure di prevenzione in quanto ritenuto soggetto socialmente pericoloso per i suoi rapporti e le sue relazioni.
Il tutto senza considerare i rapporti datati tra gli andreottiani e la Mafia siciliana ha portato perfino all’omicidio di Salvo Lima, con connesse sentenze che affermano essere stata la risposta ad una politica che non ha rispettato gli accordi presi, ed ancora i presunti rapporti, anche di interessi economici, tra i Graviano di Brancaccio a Palermo e i berlusconiani e la condanna a 7 anni per concorso esterno alla mafia del senatore Marcello Dell’Utri. Ma prima ancora i rapporti pericolosi tra esponenti di spicco della Democrazia Cristiana e Mafiosi autorevoli, dal primo dopoguerra fino ai primi anni 80 ed all’avvento della così detta seconda repubblica.
Tanto, troppi, e non solo quelli citati e quindi ci scusiamo con tutti gli altri, più o meno autorevoli, che in questo articolo non abbiamo citato. Sono così numerosi, a tutti i livelli, che ricordarli tutti sarebbe un’impresa e richiederebbe cosi tante pagine da annoiare i lettori.
La verità è che la mafia, certamente, non ha una ideologia (tranne quella criminale) ma ha una spiccata cultura del potere e per il potere. Nei rapporti con le forze politiche la mafia siciliana ha mostrato una grande capacità di adattamento al mutare del quadro politico e al succedersi dei detentori del potere. Ed ha trovato sponda in quei partiti e movimenti, ma ancor di più in quei politici, più sensibili al richiamo messo in atto dalle organizzazioni criminali, che curiosamente, almeno quelli che abbiamo citato, hanno tutti una stessa matrice.
Tutti propensi a sciorinare la loro appartenenza alla cultura moderata, centrista e cattolica, ormai in via di estinzione, ed al contempo ad intrattenere rapporti pericolosi attraverso lo scambio politico mafioso. Voti in cambio di favori, dalle nomine compiacenti all’affidamento di appalti in dispregio delle norme, all’assunzione di personaggi vicino alla criminalità, per finire al sostegno economico. Almeno per quello che emerge dalle sentenze di condanna e dalle misure restrittive a vario titolo applicate.
Il tema è assolutamente delicato, e di estrema attualità visto che proseguono indagini ed arresti in questo ambito, che richiede ai partiti, tutti, di fare uno sforzo nella selezione della classe dirigente, cercando di valorizzare chi si è distinti nell’osservanza della legge e dei precetti, mostrando distanza verso le organizzazioni criminali, nonché integrità e rettitudine, praticando il proprio mandato con rigore nel rispetto delle amministrazioni pubbliche e nell’interesse della collettività. Non è più tollerabile, infatti, che la MAFIA possa ancora condizionare le scelte politiche della cosa pubblica attraverso un fitto sistema di infiltrazioni garantito da politici compiacenti.
Sta a noi tutti adesso, liberi elettori, prima di dare il nostro voto, valutare l’operato dei destinatari del nostro consenso scegliendo saggiamente tra chi non ha mai intrattenuto rapporti discutibili e pericolosi, mettendo alla porta chi non è stato degno del mandato loro affidato.
Recupero e redenzione sono certamente un bel segnale, che auspichiamo ci proiettino verso una società migliore, ma ridare ruolo a chi ha tradito il mandato degli elettori, o peggio ancora assecondato quello dei peggiori elettori (tra l’altro la storia insegna minoritari) a discapito dei più, è un errore che non può più essere ripetuto.
Naturalmente ciò non ci esime dal ricercare nel candidato anche qualità, competenza, serietà, perché la politica, a dispetto di chi ne ha macchiato il contesto, è un’arte nobile e deve essere per eccellenza lo strumento per la cura del pubblico interesse e l’amministrazione della cosa pubblica va affidata ai migliori.
Registriamo infine le iniziative positive della Fondazione Federico II, col proprio Presidente Gaetano Galvagno, che tende iconograficamente a sensibilizzare ed esaltare le figure di chi ha lottato la Mafia perdendo la propria vita nel compiere tale missione, partendo proprio da Paternò. Riteniamo che oltre la repressione per quei politici corrotti, va anche incentivata l’opera di prevenzione con l’educazione sociale, per dare esempi costruttivi soprattutto ai giovani.