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IL FUNERALE DELLA POLITICA. Riuscirà il nostro Eroe a resuscitarla?

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Il funerale della politica di oggi è una metafora della crisi che attraversano le istituzioni democratiche, i partiti, il dibattito pubblico e la manovalanza rappresentativa imposta. Siamo di fronte a una politica distante dai cittadini, svuotata di ideali e spesso ridotta a uno spettacolo mediatico o a un gioco di potere tra le presunte élite, anche se non bisogna mai generalizzare prendendo a modello la maggiore  casistica odierna. Vi sono esempi giovani e virtuosi, anche ai più alti livelli, da prendere ad esempio, ma sono mosche bianche.

Se dovessimo immaginare il funerale della politica, chi sarebbero i presenti? Da un lato, i cittadini disillusi, stanchi di promesse e prospettive non mantenute. Dall’altro, i vecchi arnesi, gli ideali ormai sepolti, ovvero la partecipazione, il confronto, il bene comune. E forse, tra le lacrime ipocrite di alcuni protagonisti, ci sarebbe chi trama per ereditare il vuoto lasciato da questa politica defunta.

Ma ogni funerale segna anche un possibile nuovo inizio. Dalla fine di una politica malata può nascere qualcosa di diverso: una politica più autentica, più vicina alle persone, più coraggiosa nel cambiare davvero. La domanda è, chi avrà la forza di raccogliere questa eredità e riscrivere il futuro? Noi lo intravediamo, lo seguiamo, lo incoraggiamo.

I partiti politici sono sempre più assediati dal leaderismo, sembrano oggi incapaci di rinnovarsi davvero, se non altro nelle metodologie. La figura del leader carismatico, non sempre negativo e noi ne abbiamo esempio, ha preso il sopravvento su qualsiasi forma di dibattito interno, trasformando le strutture di partito in semplici comitati elettorali al servizio di un’unica voce. Il risultato è che le giovani e promettenti proposte vengono soffocate sul nascere, perché il cambiamento spaventa.

Mantenere lo status quo diventa l’unico obiettivo dei sedicenti dirigenti di secondo piano che, più che guardare al futuro, cercano solo di prolungare il proprio presente che è inevitabilmente, anche per ragioni anagrafiche, in scadenza. E così, le nuove idee, le nuove generazioni, le nuove prospettive restano ai margini o vengono cooptate solo per dare la parvenza di rinnovamento, senza però toccare gli equilibri esistenti dei piagnoni permanenti. “Addatta e Cianci” si dice in questa plaga depressa, e a volte questo giochetto riesce.

In un sistema del genere, chi ha talento e passione per la politica spesso è costretto a scegliere: accettare il compromesso e adattarsi ai vecchi schemi, oppure uscire dal circuito dei partiti e cercare altri modi per incidere sulla realtà.

Ma fino a quando la politica potrà permettersi di perdere le sue energie migliori senza pagare il prezzo della propria irrilevanza? Ma noi abbiamo fiducia nei leader illuminati, che scrollatisi di dosso le tare, alte, medie e basse, riescano ad interpretare i valori politici di una stagione ormai andata, oggi vituperata, ma che era palestra di buone prassi della politica. Era una palestra per la futura classe dirigente. Resistere, resistere, resistere.