Non c’ era alcun dubbio la condanna c’è stata, ma le motivazioni, però, erano di un altro imputato. Quattro mesi di carcere per resistenza a pubblico ufficiale. Ma un po’ di tempo dopo, quando i giudici hanno consegnato il documento dove spiegavano il perché e il percome avevano deciso di dichiarare la sua colpevolezza, è arrivata la sorpresa: l’incartamento riguardava un’ altra persona, un’ altra vicenda, un altro reato.
È stato un pasticcio quello combinato in chissà quale ufficio della Corte d’ appello di Torino nel 2019, su cui ha dovuto metter mano la Cassazione e la sentenza è stata annullata, e ci sarà un nuovo passaggio davanti ai giudici subalpini che probabilmente si rivelerà inutile, dato che lo stesso pg ha fatto presente che ormai il caso è prescritto. È «un errore nella allegazione della motivazione al frontespizio della decisione». In sostanza, qualcuno ha scambiato le motivazioni. Cosicché la condanna di M.F. è stata sovrapposta a fatti che riguardavano un certo signor T., imputato di resistenza e lesioni.
Non è la prima volta che i giudici, in Italia, compiono errori simili. Più grave del caso di Torino è stato quello che ha riguardato la Corte d’ appello di Venezia. Il 6 luglio scorso un avvocato aveva ricevuto via pec le motivazioni di una sentenza relativa a un processo che il legale avrebbe dovuto discutere lo stesso giorno. Motivazione che, tra l’ altro, erano il copia incolla di un altro verdetto dei magistrati del 2016.
qtsicilia@gmail.com