Connect with us

Politica

FINISCE IL MITO DEL POSTO FISSO ALLA REGIONE SICILIANA

Pubblicato

il

Nelle scorse settimane, presso il Dipartimento regionale della  Funzione Pubblica, alla presenza del Presidente della Regione Siciliana, dell’Assessore regionale della Funzione Pubblica e del Dirigente Generale della Funzione Pubblica, hanno firmato il contratto di assunzione alla Regione Siciliana in 106.

Saranno i nuovi funzionari assunti dalla Regione siciliana con lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi banditi nel 2022 per il ricambio generazionale.

Entreranno in servizio il prossimo 3 giugno, una volta completate le procedure di registrazione dei contratti di lavoro.

Ma la vera notizia nella notizia è che gli idonei che avevano inviato, nei termini, la documentazione necessaria per l’assunzione, e che erano stati convocati per firmare i contratti, erano 146. Ma di questi solo 106 hanno accettato di assumere l’incarico, mentre 40 hanno rinunciato. Ed anche tra quelli che hanno precedentemente preso servizio ci sono state numerose defezioni.

Finisce quindi il mito del posto fisso alla Regione Siciliana !

Un po’ per il trattamento economico ormai deludente (il più basso d’Italia nell’ambito delle pubbliche amministrazioni), un po’ perché ormai l’Amministrazione regionale Siciliana non è più attrattiva come una volta, anche a causa di un modello gestionale obsoleto, la cui organizzazione è affidata ad alti burocrati inadeguati e talvolta incompetenti, figli di una politica politicante senza valore, che sceglie i più fidelizzati rispetto ai più bravi, un po’ perché la gente è delusa da una classe politica che amministra la cosa pubblica in maniera sfacciatamente clientelare, macchiandosi di connivenze e nefandezze, il posto fisso alla Regione Siciliana perde la sua attrattività.

Ormai arrivando negli Assessorati regionali si viene accolti da una pletora di precari stabilizzati, di bassissimo profilo, spesso inadeguati al ruolo, con cadenze dialettali sfacciatamente da borgata e periferie, che forniscono all’utenza informazioni frammentarie ed un’immagine di una Regione Siciliana ormai al degrado.

Inoltre impazza la moda dell’assistenza tecnica per cui il lavoro, quello vero, viene affidato ad esterni, che spesso ne sanno meno degli strutturati, scelti con metodi che alcuni asseriscono discutibili, e che forniscono un’assistenza che non assiste e serve solo a certificare spesa sui fondi strutturali, quali FESR, FSE, POC, ect ect, che quasi sempre, ex posto, subiscono la mannaia della Comunità Economica Europea.

La politica regionale dovrebbe porsi delle domande. E comprendere come mai giovani e meno giovani, laureati, in una regione dove il tasso di disoccupazione è il più alto d’Italia, preferiscono rinunciare ad una opportunità di assunzione presso l’amministrazione pubblica regionale.

Ed anche darsi una risposta che sta tutta nella qualità della politica regionale, ormai incapace di risolvere i problemi quotidiani, di assicurare tempestività nella promozione delle qualità e del merito, di produrre leggi organiche che affrontino compiutamente le sfide moderne a cui una amministrazione regionale efficiente e capace dovrebbe dare risposte compiute.

L’amministrazione regionale, invece resta chiusa nei palazzi, si autoglorifica, promuove a gratifica sempre i peggiori, ed in controtendenza con quanto ci chiede l’Europa in tema di efficienza, efficacia, armonizzazione dei sistemi, sburocratizzazione, resta inerme, occupandosi solo di qualche inciucio, degli intrighi di palazzo, del soddisfacimento di interessi personali e di parte, di mantenere uno status quo sempre più degradato e inquinato, di fare clientele attraverso enti e società partecipate.

Il governo regionale, sempre più, sprofonda nel baratro dell’inefficienza, dove gli impiegati regionali più competenti ed esperti, ormai delusi e disincantati, piuttosto che spendersi per dare il meglio di loro, danno il minimo, cercano altrove forme di gratificazione.

Ecco perché i nostri giovani, ormai sempre più spesso, preferiscono andare via, abbandonare famiglie ed affetti, per cercare altrove una opportunità che la nostra terra non offre ormai più.

Non sono riusciti, nonostante l’autonomia regionale, a fare diventare la nostra Isola ciò che merita di essere. Nonostante la posizione strategica, le opportunità offerte dai beni culturali ed ambientali, le potenzialità turistiche, la vastità e varietà dei territori, siamo sempre più al palo, sempre più indietro rispetto tutte le altre regioni d’Europa, e fors’anche della maggior parte dei paesi del bacino del mediterraneo.

Avremmo potuto, negli anni, costruire un modello di sviluppo unico, divenendo riferimento per tutte le altre regioni d’Europa, ed invece abbiamo dato vita ad una modello di sottosviluppo dove non funziona quasi nulla e dove le poche eccellenze che ci sono si adoperano per andare via, al punto che non si riesce nemmeno a suscitare un vero interesse nei nostri giovani che senza indugio sono pronti a rinunciare ad una opportunità di lavoro per cercare fortuna altrove.

Così, nell’approssimarsi delle elezioni europee, mentre poltronisti voltagabbana, talvolta ultrasettantenni, sgomitano per trovare un posto al sole  e godere di benefici e prebende proprie di un posto di Parlamentare Europeo, i nostri giovani, disillusi e disincantati, ci voltano le spalle e vanno via, ormai consapevoli che la Sicilia non cambierà mai.

Lo scenario che emerge è ormai quello di un disastro annunciato, e voluto, che ci sta conducendo sempre più verso il baratro, per il quale ogni misura e correttivo sembra sempre meno efficace. E dove ormai il ricorso all’esterno, con aggravio di spese, spesso inutile, diventa una costante, ma solo per alimentare ulteriore clientela e non altro. Solo per dare modo ai peggiori di avere ruolo e responsabilità, e dove sempre più spesso la pletora degli scelti, viene travolto da inchieste, arresti, e condanne, per una inefficienza dilagante, spesso accompagnata dall’arrembaggio piratesco alla cosa pubblica, perpetrato con la connivenza di politici, locali e regionali, che interpretano il loro ruolo solo per avere un ritorno personale e non per la cura dell’interesse pubblico.