Mentre c’è un’Italia che non riapre le attività, chiude, possibilmente fallisce, un’altra parte plaude per le misure oggi inutili perché in ritardo, che come sempre il premier annuncia, senza tenere conto che la propaganda è un esercizio pericolosissimo, in quanto malversa la percezione popolare, rispetto al baratro dove cadrà. Altro che andrà tutto bene.
Il paese reale è altro, basta ascoltare le testimonianze di moltissimi esercenti, che dopo 90giorni di chiusura, con l’aggravio delle future restrizioni delle ricezioni, non hanno la possibilità di aprire, stritolati tra il danno sofferto e il lucro che inevitabilmente crollerà. Non occorre essere economisti per capire questo.
Per capire anche che per ogni attività che non ripartirà, la filiera produttiva ne risentirà. Crollano i consumi, crolla la produzione, crolla la distribuzione, crolla l’occupazione.
E mentre il resto dell’universo mondo si è già attrezzato per fronteggiare una crisi peggio dell’epidemia coronavirus stessa, qui in Italia ancora si discute.
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