Oggi scrivere di CEFPAS è un po’ come sparare, durante un conflitto armato, sulla Croce Rossa. Però quasi tutte le testate on line, ed anche qualche giornale cartaceo, hanno dato spazio alla notizia della sonora bocciatura ricevuta dall’Assemblea Regionale Siciliana. Quindi la notizia c’è ed è ghiotta.
E noi, come sempre, i primi di tutti e tempestivamente, già da ieri sera, abbiamo scritto col nostro stile di sempre. Primi anche ad aver posto in illo tempore il caso al quale abbiamo dedicato 26 articoli che hanno percorso la strada degli orrori politico-amministrativi del Centro. Anche se abbiamo omesso di scrivere qualche notizia a sfondo sessuale che una vittima ci ha confidato.
Del resto non è colpa nostra se questa Sicilia è in mano ad incompetenti inadeguati e cialtroni che, dell’arroganza e della presunzione hanno fatto il loro stile di vita.
E quindi quando arrivano sentenze, come quelle di ieri della Corte Costituzionale, non possiamo esimerci dal dire l’avevamo scritto da almeno un anno, né manifestare di essere soddisfatti perché ogni tanto si ristabilisce la verità.
Del resto lo avevamo detto fin dall’inizio di questa annosa vicenda che il CEFPAS era ed è solo un ente di formazione professionale, che indubbiamente fa formazione sanitaria di eccellenza (solo grazie agli oltre 5 ML di euro l’anno che la Regione Siciliana gli elargisce per le spese di gestione attingendo dal Fondo Sanitario, ahi ahi), ma null’altro. Ed anche che i dipendenti del CEFPAS, per legge istitutiva, sono dipendenti con contratto di diritto privato, che non soggiacciono alle regole e prerogative pubblicistiche (ancorché privatizzate).
Ente pubblico-strumentale della Regione Siciliana, il CEFPAS, istituito con una mission precisa, ma che questa politica ha cercato di fare diventare tutt’altro. Da stazione appaltante a organismo informatico/telematico a ente contenitore per fare tutto quello che gli veniva chiesto, in virtù di un regime amministrativo “light” istaurato dalla attuale governance.
Dove leggerezza e superficialità l’hanno fatta da padrone, di cui abbiamo scritto in lungo ed in largo, denunciandone sfaccettature e retroscena,. Regime però gradito ad un certo tipo di politica bipartisan affascinata dagli anfratti più grigi della società e delle sue derivazioni se non addirittura depravazioni.
Ma la verità ha trionfato finalmente, ed ogni mistificazione creata è stata fugata. Il CEFPAS non è ente del servizio sanitario, non lo è stato e da quanto sembrerebbe emergere dalla sentenza, non potrà diventarlo perché ciò sarebbe incostituzionale. Innanzitutto perché l’Ente non contribuisce in alcun modo al raggiungimento e mantenimento, anche indirettamente, dei LEA e soprattutto perché la propria funzione è altra.
Potremmo dire, senza timore di smentita, che il tentativo maldestro di trasformare un ente di formazione in un ente sanitario è stato solo un espediente messo in piedi per tentare di stabilizzare una pletora di neo assunti, quasi tutti raccomandati (abbiamo nel tempo con numerosi articoli raccontato di parentele ed amicizie), che avrebbero potuto in siffatta maniera maturare i fantomatici 18 mesi di precariato in una struttura sanitaria, per aspirare alla stabilizzazione.
Tentativo orchestrato dal connubio “malato” tra politica clientelare e governance compiacente in un mix che ha finito per avvelenare i pozzi e travolgere registi ed attori di questa misera vicenda, che adesso dovranno rispondere personalmente di una lunga serie di misfatti, che vanno oltre il reato di abuso di ufficio, ormai depenalizzato.
Infatti gestendo il CEFPAS come un ente sanitario, senza che lo fosse realmente. Sono state messe in atto procedure, comportamenti, contabilità, gestioni di fondi, assunzioni, e quant’altro, che adesso presentano un profilo di illegittimità. Che quasi certamente hanno generato, nella ipotesi più buonista, un danno erariale cospicuo.
Ma se la responsabilità, in primis è della Dirigenza compiacente, dei funzionari dell’ente che la hanno avallata, non bisogna dimenticare che dietro sono mancati la vigilanza ed il controllo, e che i Dirigenti Generali dell’Assessorato regionale della Salute (da ultimo Jacolino e La Rocca), di fronte ad una incredibile elenco di malversazioni messe in atto, si sono sempre girati dall’altro lato, facendo finta che tutto quanto successo non fosse cosa loro, ma responsabilità solo del Direttore del Centro, che coperto da alcuni personaggi del sottobosco politico/politicante, si sentiva forte e garantito (anche di questi abbiamo scritto) come se fosse solo la politica a comandare e non leggi e regolamenti.
Bene adesso che la forza e la garanzia si sono sciolti come neve al sole bisogna fare chiarezza, individuando e punendo i responsabili politici e burocratici, per la disfatta a cui stiamo assistendo.
Tanto più che nelle more del deposito della sentenza della Corte Costituzionale la Dirigenza del Centro non ha perso tempo assumendo quasi una quarantina di nuovi collaboratori (in realtà molti sono sempre gli stessi) che con contratti oggi discutibili e con procedure selettive da indagare, sono diventati a tutti gli effetti parte dell’organico dell’ente, sebbene pur precari.
Precari di lusso, aspiranti ad una stabilizzazione che non ci potrà più essere, a vario titolo amici e parenti di qualcuno, importanti e spesso politicamente esposti, se non addirittura politici locali, regionali e nazionali, ed anche qualche Assessore regionale passato e presente.
Naturalmente qualche merito lo avranno avuto (non dubitiamo) e la Governance del Centro non ha faticato a trovarlo. Ma a dispetto della tanto sbandierata professionalità (che la Governance del centro non ha perso occasione di sbandierare) sembra ormai chiaro esserci altro.
Ma adesso la Corte Costituzionale si è pronunciata, ed in materia tombale, e quindi anziché stabilizzare i precari la tegola sta travolgendo anche i dipendenti di ruolo, quelli che il concorso lo hanno fatto e vinto, che non sanno più di cosa sono dipendenti, quale è il contratto di cui avrebbero dovuto essere titolari, quali le loro prerogative e quali gli istituti di cui avvalersi.
Inoltre diversi ex dipendenti, in forza della fantomatica e non realizzata appartenenza al Sistema Sanitario Regionale del CEFPAS sono stati promossi con regole non applicabili o addirittura per mobilità assegnati ad altri enti pubblici o ancora peggio assunti presso le ASP, AA.OO., facendosi valutare il servizio pregresso che adesso non può essere considerato di pubblico dipendente. Che guaio.
A ben pensarci è veramente un gran pasticcio, come pochi in Sicilia. Il tutto per affidarsi nelle mani di uno che si è dimostrato essere bravo come il famoso GIOVANNI SUCATO, il mago dei soldi, di Villabate, che ipnotizzò la Sicilia e balzò alle cronache dell’estate del 1990, illudendo i palermitani di poterli far diventare ricchi. Così la Governance del CEFPAS, col proprio operato e con una risoluta fermezza e certezza nel proprio agire ha illuso i lavoratori precari, assunti con modalità contestate anche da un ex commissario CEFPAS oggi Dirigente Generale della Regione Siciliana, e irretito politici/politicanti di provincia, promettendo premi e cotillon a tutti. Che naturalmente non ci sono stati e non ci saranno.
Però sappiamo che fine ha fatto SUCATO ed auspichiamo per l’artefice di tutto successo al CEFPAS un destino diverso, sebbene immaginiamo che ci sarà più di una persona infastidita da tutto quanto fin qui successo.
Adesso la palla passa al Governo Regionale, al Presidente Schifani ed all’Assessore Volo che dovranno trovare il bandolo della matassa e soprattutto dovranno evitare di farsi travolgere dal quello che ormai a più voci è definito lo scaldalo del CEFPAS, di cui indubbiamente hanno una importante quota di responsabilità.
Noi ci siamo stati per il ripristino della verità, con tutti i mezzi a nostra disposizione subendo anche minacce, pressioni, avvicinamenti e intimidazioni, ma abbiamo resistito a tutto ciò.
Ad onor del vero anche qualche sindacalista, poi ricondotta a più miti consigli, dopo che ci ha rilasciato una attenta intervista. Ed anche una deputata regionale, che su questo tema è stata isolata dal suo stesso partito, ma che fermamente ha mantenuto la sua posizione.
Adesso confidiamo siano ben altri palazzi a fare chiarezza. Ce ne sono le condizioni e ci sono tutti gli elementi per le indagini che il caso richiede. Quindi buon lavoro.