Questa estate è stata calda, afosa, a tratti umida per molti politici regionali in pena, non potendo dormire beatamente, insoddisfatti di premi, prebende ed incarichi, a vario titolo ricevuti, o scocciati di essere, a loro dire, ignorati da parte dei rispettivi leader di partito, hanno dato fondo alla propria inquietudine saltellando da un partito all’altro, molti dei quali guardando con attenzione al centro. Dando linfa a qualche partito e movimento e levandone ad altri. Di questi alcuni sono certamente illustri, altri mezzi figure.
Uno dei c.d. illustri (?) è l’On. Marco Intravaia, figlio del più noto Domenico, vicebrigadiere dei Carabinieri, morto a Nassirya insieme a 28 persone, tra i quali 19 militari italiani.
La tragica morte del papà è stata per il rampollo, al contempo, tragedia ed occasione, che lo ha visto assunto alla Regione Siciliana, per chiamata diretta. Inoltre la fortuita conoscenza con l’On. Musumeci (prima Presidente della Commissione Antimafia e poi Presidente della Regione Siciliana) lo ha visto scalare, a prescindere dal merito e dal titolo professionale, le gerarchie regionali, come impiegato, ma anche quelle istituzionali fino all’elezione al Consiglio Comunale di Monreale (Pa) e poi all’Assemblea Regionale Siciliana. Nonostante la indubbia disgrazia, quindi, l’incontro con l’On. Musumeci (oggi Ministro) è stata per Intravaia una fortuna assoluta che lo ha portato ad essere anche rappresentante nelle Istituzioni Regionali, sbaragliando politici ben più navigati e strutturati di Monreale e dell’intera Provincia di Palermo. Ma la gratitudine ed il rispetto non è di questa terra e così Intravaia dopo avere avuto di tutto e di più per la sua Monreale e dopo avere potuto, grazia alla vicinanza con Musumeci, diventare quello che è adesso, ha lasciato FDI per transitare al gruppo misto, come tappa di passaggio verso Forza Italia e Schifani. Verso il partito che cerca di rifare il centro, con Noi Moderati di Lupi e Romano, e con l’MPA di Lombardo.
Confidando, Intravaia, attraverso la fidelizzazione che va da Presidente in Presidente della Regione, per potere mantenere posizioni e visibilità che gli possa consentire, fra tre anni, di essere ricandidato e rieletto al Parlamento Regionale. Ma visto che in FI a Palermo ci sono altri politici più navigati e meglio strutturati, come Tamajo e Vitrano solo per citarne alcuni, al di là dell’accoglienza formale, il suo arrivo non è stato affatto gradito e bisogna vedere quale sorte avrà.
Un altro illustre è l’On. Gianfranco Miccichè. Il famoso (o famigerato) politico che nella FI Berlusconiana degli anni d’oro ha portato il centro destra, alle elezioni nazionali, al noto risultato del 61 a 0, pottenendo però sia alla camera che al senato anche una serie di somari raglianti. Risultato storico il suo, mai più ripetuto da nessuno. Dopo le scorse regionali di quasi due anni fa e uno scontro frontale con il Presidente Schifani, che fin dalle prime battute del suo governo ha fatto di tutto per emarginarlo, con lo scopo di annientarlo, anche lui è transitato, prima, nel gruppo misto, ma con un occhio alla FI Nazionale dove alcuni maggiorenti, come Mulè , lo hanno sempre difeso, nonostante gli attacchi feroci di Schifani. Però, dopo aver votato per Falcone e la Chinnici alle Europee, con l’intento di riaccreditarsi con Tajani, stanco di essere messo ai margini dalle gerarchie che contano, anche Miccichè ha deciso di saltare il fosso e si è spostato verso l’MPA di Lombardo, di cui asserisce di essere amico, ma anche di condividere idee e progetti, ammesso che ne abbia.
A Miccichè ed alle sue accuse rivolte a Schifani di essere troppo sbilanciato verso Cuffaro ed il cuffarismo, risponde proprio il sempre verde Totò Cuffaro, che a sua volta lo accusa di Lombardismo acuto. Praticamente volendo usare un detto siciliano “u voi ca dici cornutu o sceccu”. L’uno, noto per le sue esternazioni infelici, per l’uso smodato di stupefacenti, e da ultimo, per l’uso improprio delle auto blu, l’altro per le sue note vicende giudiziarie e per il tentativo, riuscito solo a livello locale e regionale, di riprendere un potere lasciato prima dell’arresto e della condanna.
Cuffaro, infatti, attraverso la nascita della NDC, ispirata ai principi ed ai valori della Democrazia Cristina (?) ed ai suoi illustri fondatori, prova, riuscendoci malamente, con la sponda di Schifani, cercando di restaurare il potere di un tempo ed a riabilitare una serie di figuri (la happy family) che non si sono certamente distinti mai per capacità e trapsarenza. Operazione che sta parzialmente riuscendo e malamente solo in Sicilia ma che non trova nessun risultato nel resto d’Italia, anche perché malgrado i vari tentativi nessuno lo vuole. L’ultimo tentativo, invero, è stato fatto anche attraverso l’apparentamento con Noi Moderati alle ultime Europee ma il risultato alla fine è stato drammaticamente deludente. Ed infatti Lupi e Romano, capendo che dall’NCD dei Cuffariani e dalla Forza Italia di Tajani, non possono trovare il riscontro che cercano, proprio in questi giorni, grazie alla mediazione della Meloni (così afferma su Repubblica lo steso Lupi) sono riusciti nell’impresa di portare con loro la Carfagna e la Gelmini, che scappano da un Calenda ormai alla frutta per i consensi da prefisso telefonico che ottiene da in ogni competizione elettorale, nella speranza che questa operazione (fuga anticipata da Giuseppe Castiglione che ha aderito a F.I.) possa portare maggiori consensi tra i moderati di centrodestra.
Tutto ciò mentre l’MPA, subisce un altro duro colpo con l’arresto dell’Ex Senatore PD Nino Papania, invischiato in vicende di scambio di voto politico mafioso (sarà un’abitudine degli autonomisti, vedi Paternò) per avere, sembrerebbe, pagato il boss locale, al fine di ottenere dei voti alla scorse regionali a sostegno del candidato Angelo Rocca della lista del MPA, voti mai arrivati, ma pagati.
Estate caldissima al centro, non solo per le temperature, che sembra presagire un autunno altrettanto rovente per questa politica inquieta.
di Cochis, il tuo scalpo sarà suo.