I dati elettorali delle Europee 2024, in Sicilia, si sono definitivamente consolidati. Forza Italia vola in Sicilia, diventando il primo partito con oltre il 23,00% di preferenze: più del doppio dei voti ottenuti da FI-Noi moderati a livello nazionale. Ma in effetti sono tre partiti, con Cuffaro (DC) e Lombardo (MPA) che torneranno domani nel proprio alveo.
Nelle more della definitiva assegnazione dei seggi, però, in Forza Italia si ritorna al punto di partenza e si riprendono aspramente le contrapposizioni.
La splendida affermazione di Tamajo, Falcone e Chinnici – 120 mila preferenze il primo, 100 mila preferenze il secondo e 90 mila preferenze la terza – e il ritorno ai tempi che furono di FI (nonostante non ci sia più Berlusconi), sono in parte rovinati dal clima di grande tensione che si registra fra gli azzurri che, non più abituati a vincere, che ricominciano a darsele di santa ragione.
Da un lato Tamajo, astro nascente del consenso palermitano, espressione più pura della borgata Partanna Mondello, proiettato, anche e soprattutto grazie ai voti della DC di Cuffaro, verso Bruxelles, e dall’altro Falcone e Chinnici, forti dei loro consensi personali, certamente non pompati da trasfusioni di voti arrivate da discutibili interferenze del Presidente Schifani che, pur dovendo essere imparziale, si è fatto parte diligente per dare a Tamajo un discutibile vantaggio sui colleghi. Quindi a ben poco valgono i festeggiamenti messi in atto da Tamajo e dai suoi sostenitori a Mondello, con tanto di circolazione temporaneamente interrotta, per poi essere rovinosamente ripresa dopo un articolo di Repubblica.
Gia subito dopo avere registrato il risultato elettorale Falcone, oltre alla soddisfazione per le centomila preferenze conseguite, non perde l’occasione per evidenziare una diversità di vedute e di metodo, su cui auspica un confronto. Infatti, dopo aver tentato di mascherare la lotta fratricida con Tamajo durante la campagna elettorale, l’assessore all’Economia sottolinea come “siamo riusciti ad aggregare energie azzurre e progetti senza l’apporto di nessun altro partito o movimento ‘ospite’ in Fi. Si direbbe ‘soli contro tutti’. Su questi aspetti e sui numeri sono già aperte le riflessioni interne al nostro movimento”.
Questa affermazione, non buttata a caso, si aggancia ad una altro avvertimento messo in campo da Giorgio Mulé che, ancor prima della proclamazione degli eletti e delle decisioni assunte (se restare a Palermo o andarsene a Bruxelles) non si perde in chiacchiere ed afferma “voglio dare in particolare atto a Caterina Chinnici e Marco Falcone (solo a loro due, ndr) di essere stati veri e leali interpreti dei valori di Forza Italia: hanno raccolto consensi senza alcun “aiutino” da parte di movimenti “ospiti” della nostra lista, lontani da strategie interne dei vertici locali del nostro movimento palesemente indirizzate verso il sostegno ad altri candidati”
A ciò si aggiunge che gli innesti in Forza Italia di Noi Moderati e della DC di Cuffaro (questi ultimi fortemente voluti da Schifani), ancorché utili per Tamajo, non hanno prodotto i risultati sperati per il loro candidato “ufficiale” che ha conseguito solo il quarto posto, non riuscendo quindi ad aspirare a nulla di significativo. Risultato che, malgrado ufficialmente osannato da Saverio Romano, dimostra come i centristi dell’area Lupi-Romano-Cuffaro non tirano più di tanto e che la gente comincia a prenderne le distanze. Infatti fatta eccezione per alcune roccaforti, come Agrigento, nel resto della Sicilia il risultato è stato ben al di sotto delle aspettative, nonostante l’esercito di sodali di Cuffaro messi in campo per raggranellare, con ogni mezzo possibile, quanto più consenso possibile. Ma dove sono finiti i 140.000 voti nel cassetto di Totò vasa vasa? Non sono serviti neanche i Presidenti di Enti Regionali e Fondazioni Pubblico_Private e l’impegno in prima persona di parlamentari in carica ed ex consiglieri e parlamentari redenti per dare al candidato lo slancio necessario ad arrivare in una postazione utile. Circostanza per la quale Cuffaro sembrerebbe molto cincazzato.
Ma il quadro desolante di divisioni e contrapposizioni che presenta Forza Italia in Sicilia è ulteriormente appesantito da un’altra voce fuori dal coro che alimenta il sospetto di scorribande elettorali. E’ quella di Raffaele Lombardo, che non è organico a Forza Italia ma che avrebbe preteso maggiore lealtà nei confronti della sua candidata, Caterina Chinnici: “E’ fuor di dubbio che l’apporto del Movimento per l’Autonomia ha determinato, in misura significativa, il primato di Forza Italia in Sicilia ed il successo di Caterina Chinnici che, con oltre 90 mila voti di preferenza, si afferma come vincitore morale della competizione”. Ed ancora “Siamo stati, di gran lunga, i maggiori sostenitori della scelta del segretario nazionale Antonio Tajani di affidare all’onorevole Chinnici il posto di capolista nel collegio della Sicilia e della Sardegna. Mentre va tenuto presente che a cercare di intaccare il valore di quella scelta si è operato mettendo in campo certe terzine ‘ad excludendum’ della capolista”.
Il riferimento chiaro è alla terzina Dell’Utri, Grasso, Tamajo, portato avanti da Cuffaro e dai suoi per sbarrare il campo a Falcone ed alla Chinnici (ft. Schifani). Volendo usare un termine caro a Rita Dalla Chiesa (anche se l’ambito è un altro) i voti di Cuffaro potrebbero aver “inquinato” la competizione interna, provocando uno squilibrio che toccherà a Tajani sanare.
Naturalmente non si può sottacere che Tamajo, oltre al suo consenso personale (21000 preferenze) ed all’iniezione di consenso – dicono circa 30.000 voti – di Cuffaro ha potuto contare anche sull’aiuto di Totò Cardinale, di Gaspare Vetrano e Nicola D’Agostino. Tutti voti utili senza i quali il prode Tamajo sarebbe arrivato dietro.
Da parte sua Schifani, il vero conviviale di pietra, fa spallucce e affida le proprie considerazioni a una nota tutta da interpretare: “Una percentuale del 23 per cento prima era imprevedibile e impensabile: lo si deve evidentemente a un partito unito, a un’azione nazionale di Antonio Tajani e Marcello Caruso”. E aggiunge: “Il nostro partito è il naturale punto di incontro dei moderati di ispirazione liberale ed europeista e confermano la Sicilia come storico bacino di consensi per Forza Italia. Così come il numero di preferenze ricevute da tutti i candidati e le candidate della lista testimonia il loro grande impegno e radicamento”.
Peccato che radicamento non è la parola più adatta per descrivere il minestrone messo in atto per la consultazione elettorale appena passata. Infatti non è radicata la Chinnici (che in FI è una indipendente) non è radicato Raffaele Lombardo (che fino a poco tempo fa era la stampella della Lega), non è radicato Dell’Utri (che è Segretario regionale di Noi Moderati) né tanto meno lo è Totò Cuffaro, che ha accettato suo malgrado di intrupparsi in Forza Italia perché non lo hanno voluto da nessuna altra parte. Questi non c’entrano proprio nulla con Forza Italia, hanno solo approfittato, chi per opportunità, chi per opportunismo, chi per necessità, della scontingenza per unire le forze e cercare di dare una stoccata a FDI, con un esito che alla fine non ha consentito il sorpasso auspicato visto che nel collegio Isole FdI resta il primo partito.
Hanno, questi approfittatori, certamente testimoniato, insieme, con un frullato di centro che difficilmente avrà un futuro, che in Sicilia, ancora, resiste una ispirazione centrista, fatta più di divisioni che di aggregazione ed unità. Certamente hanno dimostrato che senza i loro voti il governatore Schifani avrebbe fatto una figuraccia e che FI Sicilia avrebbe conseguito un risultato ben al di sotto della media nazionale e che il suo pupillo (solo momentaneo) Edy Tamajo, senza Cuffaro, sarebbe arrivato certamente dietro Falcone, che inevitabilmente è l’unico vero vincitore, FI, di questa consultazione elettorale.
Vi è di più, Schifani è presidente solamente perché FdI lo ha voluto nella terzina dei papabili di FI, e fortemente sostenuto per essere posto a capo della Regione Siciliana e, adesso che trama, col frullato centrista, per fare le scarpe a FdI, dovrà fare i conti, oltre che con Tajani, Mulè, Falcone e Chinnici (all’interno di FdI) anche con la Giorgia nazionale e con tutto FdI.
Tra un po’ cominceranno le manovre post europee, rimpasti di assessori, sostituzioni di dirigenti regionali e nomina Direttori ASP e quant’altro, e Schifani dovrà rendere conto ai suoi alleati. Impresa non facile visto il quadro che si delinea.