da Roma per QTS Antonella Brancato
Clemente Mastella non parla solo per sé ma soprattutto per la signora Sandra, sua moglie, una delle (poche) stampelle su cui (forse) si tiene Conte. E parla così l’ex Guardasigilli: «Su Bonafede le perplessità sono innumerevoli, da parte mia e anche di mia moglie. La quale ha patito, più del sottoscritto, gli eterni tempi della giustizia».
Inizia male per Conte la “settimana di Bonafede” e la moglie di Mastella rincara la dose: “Non so se Conte sarà capace di garantire il garantismo. Ma per me, questo è un discrimine”. Insormontabile come per molti altri. Dal PD a IV ai centristi.
La situazione è complicatissima, nel Pd non ne fanno mistero. I responsabili non arrivano, il premier Giuseppe Conte teme agguati da ogni parte e la prima verifica sull’esistenza della maggioranza, soprattutto su temi fondamentali come quello della giustizia, in assoluto il meno adatto per creare o giustificare convergenze, a sostegno di un governo misto tra manettari e garantisti. Di fronte a questo anagramma irrisolvibile che farà Conte?
Gettare a mare Bonafede, già salvato una volta, per salvare il salvabile. Andrea Orlando, non le manda a dire a Conte “o ti sacrifichi tu o sacrifichi lui”.
Vuoi vedere che sarà Alfonso Bonafede a far cadere Conte? Questa la voce che circola, un pensiero di tutti (come ci riferisce la nostra corrispondente Antonella Brancato), da Italia Viva ai responsabili, fino addirittura al Pd e al M5s.
La sensazione è che se il ministro della Giustizia, mercoledì prossimo (anche se il voto potrebbe slittare a giovedì) in aula per la relazione sulla sua contestatissima riforma, “non farà una inversione a U”, per dirla con le parole di Riccardo Nencini, segretario del Psi e unico senatore del gruppo renziano a votare sì alla fiducia, stavolta per il premier si metterà molto molto male.
Ma guarda guarda, dice Augusto Minzolini: Conte “rischia di vedere infilzato il suo pupillo, visto che è stato lui a presentarlo ai 5 Stelle”.
Sulla giustizia, anzi sul giustizialismo alla Travaglio, si schianta tutta l’operazione responsabili, realizzata a Palazzo Chigi su meri calcoli numerici ma che “non tiene conto dei contenuti, dei valori, delle culture dei mondi a cui si rivolge, si tratti di liberali, socialisti e popolari”, sottolinea ancora Minzolini. Chi crede nel primato della politica-rappresentanza del popolo, non puà derogare da questi principii.
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