«Caro direttore, non possiamo non rilevare che in Italia anche in tempo di pace è valso un motto che ha caratterizzato la guerra civile (1943-1945): “Pietà l’è morta”. Ci riferiamo per il passato ad Aldo Moro e a Bettino Craxi, e oggi ciò investe anche Silvio Berlusconi. Nel caso di Moro, c’è un dato incontrovertibile e clamoroso: è stato l’unico nel quale lo Stato italiano non ha trattato. Il principio della fermezza conclamato da quasi tutti (unica eccezione i socialisti) fu rovesciato subito: dopo l’assassinio di Moro lo Stato italiano ha sempre trattato per salvare la vita dei rapiti. Il secondo caso nel quale il motto “Pietà l’è morta” fu adottato in modo rigido ha riguardato Craxi: rifugiatosi in Tunisia, nel 1999 ebbe una serie di gravissime malattie che richiedevano un intervento chirurgico di straordinaria difficoltà. Uno solo si impose al suo rientro in Italia e fu il procuratore Borrelli.
Non si venga a dire che il no di Borrelli era insormontabile: Ovidio Bompressi, che fu condannato come l’assassino del commissario Calabresi, ebbe da Ciampi, confermata da Napolitano, la grazia perché le sue condizioni psicofisiche non gli consentivano di rimanere in carcere E veniamo ai giorni nostri. Premessa: il sottoscritto reputa che scendendo in campo nel 1994, Berlusconi ha salvato la dialettica democratica nel nostro paese perché ha fatto sì che si stabilisse un confronto bipolare fra opposti schieramenti. Dal 1994 al 2013 Berlusconi è stato sottoposto a un permanente bombardamento giudiziario che ha portato, grazie ad una sentenza assai discutibile, alla sua condanna e poi alla estromissione dal Senato grazie ad un’attuazione retroattiva della legge Severino.
Questo attacco giudiziario non è stato senza conseguenze politiche: da un lato la crisi del governo Berlusconi, dall’altro il mutamento dei rapporti di forza nel centro-destra, con il ridimensionamento di Fi e l’enorme crescita di Lega e Fdi. Orbene, malgrado tutto ciò ancora si dipanano code giudiziarie di quell’attacco per di più frantumate in una serie di mini processi. A nostro avviso va raccolto l’appello formulato dal direttore di Libero Sallusti e da quello del Giornale Minzolini affinché questo stillicidio venga interrotto. Siccome immaginiamo le risposte di alcuni giustizialisti facciamo due osservazioni. Nel passato, come abbiamo dimostrato, c’è stato un evidente torsione politica nell’istituto della grazia. In secondo luogo l’ultima amnistia adottata, quella del 1989, ha salvato i dirigenti del Pci-Pds da tutte le vicende riguardanti il finanziamento irregolare del Pci».
qtsicilia@gmail.com