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GIORGETTI, RENZI, BERLUSCONI, PROVIAMO COL PARTITO DI DRAGHI

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 Se dopo la tumultuosa avanzata alle Europee il voto dovesse consegnare al Carroccio un risultato sotto la soglia del 10% al Centro e al Sud, tramonterebbe infatti l’obiettivo di una forza a dimensione nazionale. Sarebbe un ritorno alla Lega Nord, il nervo scoperto di Salvini, che va su tutte le furie quando per errore viene citata la vecchia denominazione. Il «ritorno alle origini» che immagina Giorgetti non è però la riproposizione del passato, ma un nuovo partito sul modello della Csu bavarese, staccato dalle logiche sovraniste e ancorato al Ppe. Ecco la sfida, che il «caso Morisi» ha amplificato perché l’inventore della «Bestia» era diventato la quintessenza del progetto salviniano, inviso da tempo a una larga parte del gruppo dirigente storico, che lo additava per un verso di aver cambiato il dna del partito e per l’altro di fomentare l’ostilità verso l’ala governista. La vicenda giudiziaria in queste ore sta alimentando i soliti sospetti nel Carroccio, ma il motivo del duello tra il segretario e il ministro dello Sviluppo economico resta politico.

 Il disegno di Giorgetti mira a far saltare la federazione di centrodestra a cui aspira Salvini, indicando invece a Forza Italia la strada per un’aggregazione dell’area moderata insieme ai centristi, a Renzi e a Calenda.

 In questo scontro tutto interno al Carroccio gioca un ruolo fondamentale Draghi, tanto che a Palazzo Chigi c’è chi è convinto che l’uscita di Giorgetti sia in qualche modo stata concordata con l’ex Bce.

 Un nuovo progetto e il voto delle Amministrative sarà lo spartiacque.

qtsicilia@gmail.com