Sarà un ritorno dei dinosauri ancora non estinti in un PD rinnovato al passato come un Jurassic Park? Di quelli insomma allevati all’ombra dei soviet e di un centralismo democratico che di democratico non ha nulla? Detto questo comunque è un partito che vive nel connubio anomalo tra una presenza di militanti, quei pochi rimasti, ancora figli del Pci, quelli delle Feste dell’Unità , per i quali D’Alema ha forse ancora un suo perché (e Renzi viene visto come traditore) e quelli della base elettorale riformista che invece attraggono i ceti medio-alti e non quelli proletari. Il PD è ancora una fusione mai saldata tra gli eredi del comunismo e la Margherita, ex Popolari e Democristiani. Una lotta infinita su chi debba prevalere nel Pd, che tradisce proprio la genesi stessa del PD .
D’Alema e Renzi sono animali politici al 100%, antipatici a troppi, ma capaci di muoversi al meglio nei meandri del palazzo più impervi, entrambi presidenti del Consiglio senza alcuna legittimazione popolare, entrambi capaci di determinare ‘la politica’ ai loro obiettivi, fedeli ai machiavellismi, al fine giustifica i mezzi, riformatori tutti e due, a partire dalle riforme costituzionali, dialoganti con Berlusconi, ciascuno a suo modo, vicini agli extra (politica), con aziende agricole o conferenze e la forgiatura di persone amiche o dei cerchi magici per il mondo finanziario e dintorni.
D’Alema verso Renzi non ha mai digerito quello sgarbo ricevuto della mancata nomina, probabilmente promessa, in Europa. Se l’è legata al dito, ha visto in Renzi la malattia, il me o lui dentro il Pd. Di contro Renzi pensava di mettere fuori gioco d’Alema come uno qualunque invece di farselo amico. Sta di fatto che entrambi sono usciti dal Pd chi rilevando poca sinistra e chi puntualizzando il poco riformismo, almeno stando alle scuse ufficiali, ma sia D’Alema sia Renzi se ne sono andati perché amano loro il comando, perché sono vestiti di una prepotente leadership e dosi massicce di presunzione che mal si accompagna con posizioni di minoranza.
Ora D’Alema vuole ritornare nel Pd. Renzi forse ci ha pensato di scalarlo dall’esterno, anche perché ci ha lasciato molti renziani, ma nella sua nota capacità di movimento, di cambio rapido, Renzi ha virato oltre e vive con spirito kennediano affidandosi alla fatalità di svolgimento degli eventi, si sistema di volta in volta in base agli sviluppi. Mentre D’Alema ha preparato al suo ritorno nel Pd con un approccio antropologico, osiamo dire paradigmatico. Il Pd è tale se è quello che pensa D’Alema. Qui sta la stizza dei dirigenti Pd che hanno risposto all’uscita del superamento del male renziano.
Forse il ritorno annunciato di D’Alema parte da qui, addirittura dal misero fallimento della segreteria Zingaretti. E non si guardi come una casualità l’entrata a piè pari di D’Alema nel pre partita del Quirinale. Nell’elezione del prossimo presidente della Repubblica dove tutti sono determinanti. Forse D’Alema nel riaffermare il primato della politica (tema caro anche a Renzi) vuole dare un segnale alla truppa di parlamentari di sinistra (Articolo 1 e Liberi Uguali) e a qualcuno nel Pd, così come Renzi ha fatto con i renziani nei gruppi parlamentari democratici. Che si aprano i giochi, la partita ha margini per uscire entrambi, D’Alema e Renzi, come vittoriosi.
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