Di seguito l’intervista a “la Repubblica”. Matteo Renzi definisce l’ultimo dpcm sull’emergenza coronavirus “uno scandalo costituzionale”. L’ex premier si impegna, con Italia Viva, a votare le misure economiche preparate dal ministro Gualtieri. Anche con la fiducia, se servirà. Ma fa un appello al Pd: “Ora basta, non possiamo calpestare i diritti costituzionali con un dpcm. Trasformiamo il testo in un decreto e portiamolo in Parlamento”.
Il nuovo dpcm sblocca dal 4 maggio la gran parte delle attività produttive. Non era quello che chiedeva?
“La ripartenza è lenta. Non si rendono conto che in autunno ci sarà una carneficina di posti di lavoro. Ma in ogni caso il testo è un errore politico, economico e costituzionale. Politico perché delega al comitato tecnico scientifico una scelta che è politica: contemperare i rischi. Lo scienziato ti dice che c’è il coronavirus, il politico decide come affrontarlo. E se in Umbria o Alto Adige non ci sono contagi queste regioni non possono avere le stesse restrizioni della provincia di Piacenza”.
La mancata regionalizzazione delle misure è una scelta scientifica o politica?
“È una scelta sbagliata. E se fosse politica sarebbe controproducente, perché serve a Salvini, che invece era in un angolo. Un presidente del Consiglio non deve guardare gli indici di gradimento, ma il numero dei posti di lavoro, l’andamento del Pil, le previsioni internazionali. Secondo una stima di Goldman Sachs il lockdown italiano è stato il più duro di tutti. Francia, Germania, Spagna, stanno ripartendo più velocemente di noi dopo aver rallentato meno di noi: ci strappano fette di mercato”.
Ma noi abbiamo avuto l’emergenza peggiore di tutti.
“Non per il lockdown e qualcuno dovrà rispondere degli errori. Hanno detto che le mascherine non servivano invece di iniziare a produrle. Hanno mandato i medici in prima linea senza protezione. Non hanno gestito le zone rosse”.
Eravamo davanti a un virus sconosciuto con un sistema sanitario impreparato che ha fatto il possibile, non crede?
“Medici e cittadini sono stati bravissimi, le istituzioni meno. E ora stiamo perdendo interi settori produttivi per una politica pavida che si nasconde dietro ai tecnici. Poi, appena qualcuno alza la voce, cambia posizione”.
Si riferisce alla Chiesa?
“Io voglio tornare a prendere la messa, quindi capisco la Cei. E mi fa piacere che Conte abbia già cambiato idea. Se rispetti il metro di distanza, perché il museo può aprire e la chiesa no?”.
Perché la messa sì e il teatro no?
“Giusto. Bisogna uscire dalla logica burocratica dei codici Ateco e dire: ti do la regola, metti la mascherina, stai lontano un metro, ma poi sei libero. La libertà e il valore più grande: non siamo uno stato etico dove i vigili chiedono se la persona che stai per vedere è una fidanzata stabile o saltuaria. Ma saranno fatti tuoi? Qui siamo alla follia! Mettiamo Maria De Filippi a decidere se la relazione è stabile? Sta passando una visione paternalistica tipica di chi mantiene il consenso con una diretta Facebook a settimana, mettendo il naso nella vita della gente e producendo autocertificazioni. E nel frattempo perdiamo 10 miliardi a settimana per il blocco più duro del mondo”.
Sottovalutare un elemento: l’emergenza non è finita. Solo ieri ci sono stati 333 morti. Si rischiano un nuovo picco e nuove morti.
“Ho perso amici anche io. Saperli morire da soli mi sconvolge. Ma il miglior modo per onorarli è tornare a vivere. Il Covid continuerà per un anno. Dovremo convivere con il virus senza rinunciare alla libertà costituzionale. Il disastro erano le terapie intensive piene: ora ci sono meno di 2mila persone e 9mila posti disponibili. Questo è un assurdo costituzionale. Il presidente del Consiglio non può impattare sulla vita delle persone al punto di definire con dpcm chi puoi vedere. Abbiamo accettato una limitazione quando le terapie intensive scoppiavano e i medici dovevano decidere chi intubare e chi no, ora basta. Quando si inizia a considerare la libertà un bene disponibile, iniziano brutte storie. La libertà non vale meno della salute”.
Si potrebbe replicare che senza vita non c’è libertà. Ma se vale il suo discorso, perché assicura di non voler sfiduciare il governo?
“Prima facciamo uscire di casa gli italiani, poi vediamo se uscire di maggioranza noi. C’è questo governo, c’è questo premier e finché gli italiani sono chiusi in casa noi non apriremo alla verifica politica. Parliamo di scuola piuttosto, visto che non ne parla nessuno. Parliamo degli esami di maturità, della didattica a distanza, di edilizia scolastica, delle mamme che perdono il lavoro perché i nonni non possono tenere i figli”.
Dovete parlarne nel governo. Il problema è lo strumento, il dpcm?
“Sarebbe meno peggio un decreto legge: almeno ha garanzie, una discussione parlamentare, il dibattito pubblico, gli emendamenti. Se il dpcm fosse un decreto legge presenterei un emendamento e chiederei l’appoggio del Pd, che ha la stessa sensibilità sulla difesa dei diritti fondamentali. L’ho detto al capogruppo Graziano Delrio: io ho fatto la tesi su La Pira, tu sei dossettiano, come puoi accettare questa violenza da azzeccagarbugli sulla Costituzione più bella del mondo?”.
La parola deve andare al Parlamento? È questo il punto?
“Lo dirò giovedì in aula. Fuggire dal Parlamento è scelta di rara gravità e trova la sua base in una visione dello Stato paternalistica e irrispettosa delle libertà: non ho nulla da perdere e considero mio dovere dirlo ad alta voce”.
Lei aveva riposto grande fiducia nella commissione guidata da Vittorio Colao. Ha fallito?
“Una persona di valore come Colao deve essere inserita in un ragionamento politico. Facciamo una commissione in meno e un tampone in più. Sta arrivando uno tsunami economico: il governo pensi ai posti di lavoro, non a calpestare la Costituzione”.