“Un solo rarammarico quello di non aver fatto il passo indietro. Era tutto già scritto, ma a qualcuno non era chiaro”.
Per il Conte Zelig la crisi è finita nel peggiore dei modi. Sfrattato dai renziani, costretto prima a dimettersi e poi fatto fuori con sublime strategia, una continua doccia scozzese. L’ex avvocato del popolo (?) inizia così a fare gli scatoloni e lasciare Palazzo Chigi dopo l’esperienza gialloverde, giallorossa, gli mancava solo quella giallobianca, e tornare a casa.
Emilio Carelli, lascia il Movimento 5 Stelle e serve un aperitivo di quello che sta per accedere: il leader di Italia Viva ha in tasca la garanzia, “quantomeno di Salvini e Berlusconi“, che non ci saranno elezioni anticipate.
La rottura di Renzi si consuma sui nomi di Alfonso Bonafede, Domenico Arcuri e Lucia Azzolina, ritenuti ostativi, da IV, per impostazione politica e incapacità amministrativa. E adesso il competente Palamara alla giustizia.
“È tutto inutile, ha già un accordo secondo me“, -avrebbe sussurato Giuseppi al Corriere della Sera – prima però che Sergio Mattarella lo licenziasse.
Dopo di che va in frantumi anche la speranza e un disperato tentativo di rimettere insieme i cocci in extremis, magari con l’ennesima capriola. “Era tutto già scritto. Renzi aveva già un accordo”, ma con chi?
Salvini e Berlusconi gli hanno garantito che ci staranno, in un modo o un altro e altri non potranno che accodarsi. “A me era chiaro sin da subito, -conclude Conte- a qualcun altro forse no“. Le solite minkiate.
Dubbi, sospetti, congetture e presentimenti che comunque fanno da cornice a un addio amaro su cui lo stesso Conte la scorsa settimana non avrebbe scommesso.
Ci mancheranno i suoi show social che troppo ci facevano divertire e davano a noi materiale sul quale fare satira. Per questo ci disperiamo anche noi.
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