Umberto Eco e i social: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli“. E’ la frase pronunciata nel 2015 durante una lectio magistralis, tenuta all’università di Torino nel giugno del 2015, in occasione della consegna di una laurea honoris causa e che oggi è diventata l’ultimo folgorante strale mediatico della vita del semiologo e filosofo, che oggi avrebbe avuto quasi 90anni.
Bisogna stare attenti, perché gli imbecilli sono pericolosi, molto di più dei mascalzoni, perché se non ci fossero tanti imbecilli in giro non sarebbe così facile trovare il furbone che li seduce e manipola, come abbiamo visto in questi anni fino a oggi.
Si pensi, per esempio, a Platone: cosa sarebbe il suo celebre mito della caverna nella Repubblica, se non la storia di una banda d’imbecilli, che scambiano lucciole per lanterne? E che dire di Cartesio? Cos’è il suo “Cogito, ergo sum”, se non un’invettiva contro l’imbecillità? Non s’è mai visto, infatti, un imbecille che pensa, viene trasportato dalla corrente. Cartesio pone questo al centro della propria dimostrazione, e non è forse l’esatto opposto dell’approccio tipico dell’imbecille? Sottolineò, in proposito, Voltaire che “il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono”.
Alla luce di tutto ciò, abbiamo, quindi, pensato di rinnovare le fonti del diritto italiano, in chiave ironica, ca vas sans dire.
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