L’approvazione definitiva della finanziaria regionale, programmata tra l’8 ed il 9 gennaio 2024, se si dovesse concretizzare, rappresenterà, indubbiamente, un successo del Presidente Schifani che, oggettivamente, in questo anno appena trascorso non si è distinto per altri successi.
Un anno, il 2023, passato in sottotono, senza alcun vero slancio, in termini di azione amministrativa, e senza alcuna vera riforma portata a buon fine. Un anno costellato di insuccessi, marce indietro, e qualche strafalcione, in cui a distinguersi sono stati, in solitaria, assessori come Falcone, all’Economia, e Tamaio, alle Attività Produttive, che sostanzialmente hanno mantenuto in piedi Forza Italia, nonostante l’infausta scelta di nominare coordinatore regionale del partito (dopo avere defenestrato Gianfranco Miccichè) una figura di ultima fila come Marcello Caruso, fedelissimo maggiordomo del Presidente e suo Segretario Particolare, personaggio dotato di scarsissimo carisma e modesta empatia, che si aggira tra i corridoi di Palazzo D’Orleans, tronfio ed impettito per il doppio ruolo ricoperto, ma senza che alla forma si aggiunga sostanza.
Il Presidente Schifani, nei giorni scorsi, ha rilasciato un’intervista al TGR Rai Sicilia dalla quale è possibile ricavare importanti informazioni. Da alcuni mesi, infatti, si parla insistentemente della necessità di ridare forza all’azione di governo (invero non proprio titanica) facendo una rotazione dei Dirigenti Generali e degli Assessori e nominando i nuovi vertici della ASP ed Aziende Ospedaliere regionali.
Con l’intervista appena rilasciata il Presidente ha dichiarato che “Allo stato attuale non è all’ordine del giorno un rimpasto del governo regionale. La giunta sta lavorando bene”. Ora, bene o male che stiano lavorando, il problema è più complesso. Infatti prima di parlare di rotazione di Dirigenti Generali ed Assessori, e di rivisitazione degli equilibri nella maggioranza, e prima di parlare di nomine ai vertici delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, è necessario che il Presidente rafforzi la sua debole posizione, occupandosi della partita principale che deciderà del suo futuro politico e fors’anche della sua permanenza nel ruolo di Presidente della Regione Siciliana: la formazione della lista di Forza Italia alle elezioni europee. Soprattutto alla luce della indisponibilità ormai acclarata ad accogliere nelle liste di FI candidati della Nuova Democrazia Cristiana di Cuffaro. Opzione foraggiata da Schifani ma bocciata da Tajani e dai suoi uomini di riferimento siciliani.
Quindi Rotazione dei Dirigenti Generali, rotazione o nomina di nuovi Assessori, nomina dei vertici delle Aziende del Sistema Sanitario Regionale, sono nodi indubbiamente da rinviare a dopo le elezioni europee, quanto il risultato elettorale di FI in Sicilia sancirà la credibilità o meno di Schifani all’interno della coalizione di Centro Destra.
Infatti il risultato della lista di FI e soprattutto il confronto in termini di voti con le liste della Lega e di Fratelli d’Italia determineranno i rapporti di forza per i prossimi anni di governo. Nella stessa intervista è proprio Schifani a dire, senza reticenze, che “le europee saranno un test di bontà dello stato di salute di Forza Italia”. Ed ancora “Faremo una lista abbastanza forte – continua Schifani – e chiederemo alle persone più impegnate sul territorio, e sicuramente ai due uomini impegnati in giunta, Falcone e Tamajo, di scendere in campo”.
Falcone e Tamajo sono infatti i due uomini forti di Forza Italia rispettivamente in Sicilia orientale ed occidentale e gli unici nel partito capaci di fare la differenza. Fare scendere in campo i due personaggi più forti ed elettoralmente autorevoli del partito, nelle due province più grandi, oltre che il segno dell’importanza che Forza Italia attribuisce alle elezioni europee è anche e soprattutto il segno della debolezza di Schifani, incapace di esprimere un proprio candidato ed obbligato, obtorto collo, a candidare due politici di razza del suo partito, che non ama e che certamente non sono sua espressione e con i quali ha instaurato un rapporto di convivenza/convenienza dettato esclusivamente dai numeri che Schifani, Caruso, Armao, ed il loro entourage, non hanno e non avranno mai.
Naturalmente la loro candidatura, ancorché autorevole, resta comunque una candidatura di servizio infatti la nomenclatura nazionale del partito vuole l’uscente Caterina Chinnici, già PD, transitata con Forza Italia grazie ai buoni auspici dell’On. Tajani, come eletta nelle file di FI a Bruxelles in rappresentanza della Sicilia, al fine di dotare il partito di quel vessillo di Antimafia e Legalità necessario a ridare ossigeno e verginità ad un partito in evidente difficoltà. Una nomenclatura che confida ancora nel granaio elettorale della Sicilia dove però a guidare le truppe non c’è più il generale Miccichè ma il brigadiere Schifani ed il Caporale Caruso che rischiano di essere travolti nell’ipotesi che il risultato elettorale delle europee non porti i numeri sperati. Al netto del contributo di Falcone e Tamajo che potrebbero col loro contributo diventare i maggiori azionisti del partito FI in Sicilia con ogni conseguenza in termini di debolezza di Schifani, che comunque vada rischia di non uscire indenne dal risultato elettorale, qualunque esso sia.
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